Investing.com - I futures del greggio sono in salita questo venerdì, dopo le dichiarazioni rialziste dall’Agenzia Internazionale per l’Energia (AIE) che hanno allentato i timori sui livelli elevati delle scorte.
Sul New York Mercantile Exchange, il greggio con consegna a febbraio è salito venerdì di 2,44 dollari o del 5,28% a 48,69 dollari al barile.
Ieri il Nymex ha perso 2,23 dollari, o il 4,6%, a 46,25 dollari. Martedì i prezzi WTI hanno toccato 44,20 dollari, il minimo dal marzo 2009.
Ieri i prezzi hanno subito un crollo di 2,23 dollari, o del 4,60%, a 46,25 dollari al barile.
Sulla settimana il greggio di New York ha segnato un aumento di 33 centesimi, o del 0,67%, il primo aumento settimanale dopo 8 settimane.
Sull’ICE Futures Exchange di Londra, il greggio Brent con consegna a marzo venerdì è sceso di 1,59 dollari, o del 3,19%, a 48,27 dollari al barile. Martedì il Brent aveva toccato 45,19 dollari al barile, il minimo dall’aprile 2009.
Sulla settimana il contratto Brent è salito di 6 centesimi, o dello 0,11%, chiudendo la serie di sette cali settimanali consecutivi.
Lo spread tra il Brent ed il WTI è rimasto a 1,48 dollari al barile alla chiusura di venerdì, contro la chiusura a 1,75 dollari del venerdì precedente.
L’Agenzia Internazionale per l’Energia ha tagliato le previsioni per l’aumento delle forniture nei paesi non-OPEC di 350.000 barili al giorno, dopo al notizia che alcune aree di produzione - tra cui il Nord America - starebbero riducendo la produzioni vista la flessione dei prezzi.
Nel suo report mensile l’AIE ha dichiarato che “una ripresa dei prezzi potrebbe non essere imminente - salvo una importante interruzione - ma aumentano i segnali che la il trend cambierà”.
Il gruppo di ricerche di mercato Baker Hughes ha dichiarato venerdì che il numero degli impianti di trivellazioni negli USA è sceso di 55 la scorsa settimana, a 1.366, il minimo dall’ottobre 2013.
Il numero degli impianti è sceso in 11 delle ultime 14 settimane dopo il massimo storico di 1.609 di metà ottobre.
Il prezzo del greggio Brent scambiato sulla borsa di Londra è sceso di circa il 60% da giugno, quando ha subito un’impennata a 116 dollari, mentre i futures del greggio WTI hanno subito una riduzione di quasi il 58% dal recente massimo di 107,50 dollari segnato a giugno.
Negli ultimi mesi, il prezzo della materia prima si è indebolito a causa della riduzione della domanda globale e per via dei segnali che l’Organizzazione dei Paesi Esportatori di Petrolio non taglierà la produzione per supportare il mercato del greggio.
Allo stesso tempo, l’incremento della produzione del petrolio di scisto nordamericano ha contribuito all’eccesso di scorte sui mercati mondiali. L’oro ha visto un’impennata al massimo di oltre quattro mesi, poiché la domanda del metallo prezioso come valuta rifugio è stata sostenuta dal caos nel mercato valutario scatenato dalla Swiss National Bank che ha deciso di abolire il tasso di cambio minimo contro l’euro.
Il cambio (EUR/CHF) ha chiuso la settimana in calo di oltre il 17%, mentre il cambio USD/CHF ha chiuso la settimana in calo di quasi il 15%.
L’Indice del Dollaro USA, che replica l’andamento del biglietto verde contro un paniere di altre sei principali valute, ha chiuso segnando il quinto aumento settimanale consecutivo.
Il dollaro è stato supportato in questi ultimi mesi dalla divergenza tra la politica monetaria attuata dalla Fed e quella attuata dalle banche centrali di Europa e Giappone.
L’euro è sceso al minimo dal novembre 2013 contro il biglietto verde, supportato dalle aspettative che la Banca Centrale Europea possa decidere di adottare nuove misure di allentamento monetario già durante il vertice del 22 gennaio.
Nella prossima settimana gli investitori si concentreranno sul vertice di politica monetaria della BCE e sulla conferenza stampa conclusiva del Governatore Mario Draghi.
Nella prossima settimana gli investitori attenderanno i dati macroeconomici cinesi, tra cui il report sul PIL del quarto trimestre. Attesi inoltre i dati sulla produzione industriale e sulle vendite al dettaglio.