Di Mauro Speranza
Investing.com – La Banca centrale russa ha deciso lo stop agli acquisti di oro, terminando così un programma decennale di interventi sul mercato della materia prima gialla. La Russia, infatti, aveva accumulato 2.300 tonnellate di oro dal 2007, diventando così un importante sostenitore della domanda e spingendo in alto i prezzi.
L'istituto centrale russo era riuscito a detenere nei suoi caveau 2.279,2 tonnellate di lingotti con un valore di 119,7 miliardi di dollari, secondo il Fondo Monetario Internazionale sulla base del prezzo al primo marzo scorso. L’oro rappresenta ormai un quinto delle riserve russe ed è il terzo asset, dopo il biglietto verde e l’euro.
Dalla giornata di oggi, inoltre, la Banca centrale russa non solo termina di incrementare le sue riserve auree, ma potrebbe anche vendere oro, in quanto l'agenzia russa Interfax ha diffuso la notizia di un disegno di legge presentato nel parlamento russo che punta ad accumulare risorse da impiegare nella lotta al coronavirus.
A questo punto, la banca centrale non è obbligata a vendere, ma lo stop agli acquisti libererà ingenti quantità di oro sui mercati, incidendo sugli scambi. Il prezzo dell'oro, intanto, tenta un recupero dopo che il calo dei giorni scorsi lo aveva portato sotto la quota di 1.600 dollari l'oncia.
"La Russia che si tira indietro sull'oro è un grande affare", ha detto Michael Norman, un ex trader del Credit Suisse e veterano del mercato dell'oro che da allora ha fondato la Mike Norman Economics di New York. "Sicuramente richiede, credo, una correzione piuttosto significativa del prezzo dell'oro per scontare uno dei più grandi acquirenti al mondo che si ritira dal mercato".
Norman spiega di essere uscito dalle sue posizioni in oro prima che le vendite aumentassero sui mercati fino a spingere il prezzo sotto quota 1.600 dollari, per poi recuperare leggermente. L'analista, però, si attende un ulteriore calo. "Penso che vedremo sicuramente il livello test di 1450 dollari un'altra volta", spiegava per poi prevedere che "in realtà si potrebbe assistere ad una discesa fino a 1.300 dollari, forse fino a 1.370-1.380 dollari".
Da Mosca, però, il ritmo di accumulo delle riserve auree era già sceso in passato, segnando un calo del 42% rispetto ai record del 2018, restando intorno a 158,1 tonnellate, anche se rappresenta una quota importante.
Nel frattempo, dalla Russia si impennavano le esportazioni di oro, con il 2019 che ha visto uscire dal paese 100,5 tonnellate di lingotti, quota decisamente superiore alle 16 tonnellate del 2018.
I cambi di strategie hanno portato diverse società aurifere russe come Polyus Gold a premere sul governo per ottenere la licenza per l'esportazione diretta, privilegio riservato finora solo alle banche, salvo situazioni occasionali.
Vendere oro contro il calo del greggio
Secondo il ministro delle Finanze russe, Antona Siluanov, la vendita dell'oro consente alla Russia di affrontare il calo del prezzo del greggio, oggi intorno ai 20 dollari al barile.
“Anche se il prezzo del petrolio dovesse scendere a 30 dollari al barile, o a 20 dollari, saremo in grado di onorare i nostri impegni per tre anni, senza alcuno shock o difficoltà”, perché “abbiamo accumulato riserve auree pari al 7% del Pil”, spiegava il ministro alla Cnbc.
Se il greggio non riesce a recuperare, il petrolio di riferimento russo, l'Ural, viene scambiato a 22 dollari al barile, la metà rispetto a quanto necessario per far quadrare il bilancio dello Stato.