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Previsione settimanale: torna la grande V per le materie prime

Pubblicato 27.02.2022, 10:52
Aggiornato 27.02.2022, 10:10
© Reuters.

© Reuters.

Di Barani Krishnan

Investing.com – La grande V è tornata. V come Volatilità. Le materie prime, dal greggio al gas, dall’oro al platino, dal grano al mais e alla soia, hanno tutte visto delle forti oscillazioni di prezzo venerdì, a 24 ore dall’aver toccato i massimi pluriennali dopo l’invasione russa dell’Ucraina.

I timori sulle forniture hanno determinato gli andamenti dei prezzi. Poche ore dopo l’invasione, il greggio ha ritoccato i massimi dal 2014 di circa 100 dollari al barile; I future sul gas naturale sono schizzati del 62%, il massimo dal 2005, l’oro ha toccato il massimo di un anno, 25 dollari al di sotto dei 2.000 dollari l’oncia; il palladio è salito al massimo di sette mesi di 2.700 dollari l’oncia; il grano ha toccato il massimo di 13 anni e mezzo superando i 9,50 dollari al bushel; la soia è salita al massimo di 9 anni e mezzo sopra i 17,50 dollari al bushel ed il {8918|mais}} è schizzato al massimo di nove mesi di 7,20 dollari al bushel.

Tutte queste materie prime sono state spinte dai timori di interruzioni delle forniture a causa dalla guerra e dalle sanzioni su entità e personalità della Russia. I timori erano più che giustificati: la Russia è uno dei più grandi esportatori di petrolio e gas del mondo e il più grande produttore di palladio. Sia la Russia che l’Ucraina sono anche grandi produttori di grano e mais.

La gravità della crisi era così reale che il primo ministro egiziano Mostafa Madbouly ha tenuto una sessione speciale di gabinetto per discutere come il conflitto potrebbe interrompere le forniture di grano e di altre farine di pane, e far salire i prezzi in un paese noto per consumare più pane di qualsiasi altro in Medio Oriente. Gli egiziani mangiano pane al doppio della media globale, importando più grano di qualsiasi altra nazione, con l’85% dei loro acquisti provenienti da Russia e Ucraina.

Sabato, gli alleati occidentali contrari a Mosca hanno annunciato che bloccheranno “selezionate” banche russe dal sistema di pagamenti internazionali SWIFT, colpendo così il Cremlino con quella che potrebbe essere la “madre di tutte le sanzioni finanziarie”.

Ma ci sono stati anche dei segnali che hanno minimizzato i timori di per le forniture, e che hanno portato a credere che una manciata di sanzioni USA-Euro, comprese quelle sul presidente russo Vladimir Putin, fossero più simboliche che altro - senza senso nel produrre risultati efficaci.

Quando queste realtà si sono affermate, le materie prime che avevano visto rialzi esorbitanti dopo l’invasione russa hanno invertito la rotta con la stessa violenza. Il petrolio greggio è crollato del 12% dai suoi massimi post-invasione prima di tornare a metà dei 90 dollari. Anche oro, palladio, grano e mais hanno visto enormi oscillazioni.

“Gli investitori stanno cercando di valutare in che modo le sanzioni peseranno sulla propensione al rischio”, ha scritto Ed Moya, analista della piattaforma di trading online OANDA. “La Russia risponderà con la propria serie di sanzioni contro le nazioni occidentali. Le dure sanzioni potrebbero mettere l’economia russa su una traiettoria terribile, ma le conseguenze sarebbero condivise con l’Europa, quindi potrebbe essere l’ultima risorsa”.

Moya ha ragionato sul fatto che escludere la Russia dal sistema SWIFT dei pagamenti internazionali “renderebbe molto difficile per l’Europa pagare la sua (propria) energia e fare pagamenti per i tanti paesi che hanno bisogno di grano russo e di altre materie prime che sono vitali per lo spazio dei semiconduttori”.

Javier Blas di Bloomberg ha avuto una visione più dettagliata e intrigante:

“Nelle 24 ore successive alla firma del decreto di Vladimir Putin che riconosce l’indipendenza dei due territori ucraini secessionisti, l’Unione europea, il Regno Unito e gli Stati Uniti hanno acquistato 3,5 milioni di barili di petrolio russo e prodotti raffinati, per un valore di oltre 350 milioni di dollari ai prezzi attuali. Oltre a questo, l’Occidente ha probabilmente comprato altri 250 milioni di dollari di gas naturale russo, oltre a decine di milioni di dollari di alluminio, carbone, nichel, titanio, oro e altre materie prime. In totale, il conto ha molto probabilmente superato i 700 milioni di dollari”.

“Ed è così che andranno le cose, almeno per ora. Gli Stati Uniti e i loro alleati europei continueranno a comprare risorse naturali russe e Mosca continuerà a inviarle, nonostante la più grande crisi politica tra gli ex guerrieri della guerra fredda dal crollo dell’Unione Sovietica nel 1991.”

Blas ha dichiarato che i timori che il Cremlino possa tagliare le forniture di gas all’Europa rimangono solo questo: timori.

“Qualsiasi problema militare rimane confinato ai due territori secessionisti, che sono lontani dai potenti oleodotti e gasdotti russi che attraversano l’Ucraina da est a ovest: Druzhba, Soyuz, Progress e Brotherhood”, ha detto Blas, notando che la società che gestisce la rete di gasdotti dell’Ucraina ha twittato: “Keep Calm & Transit Gas”.

Ha aggiunto che tutte le parti in Russia-Ucraina erano consapevoli delle contraddizioni che stavano accadendo.

“L’Occidente sa che le materie prime sono una vacca da mungere per Putin, che alimentano le sue mire imperialistiche grazie, in gran parte, ai prezzi altissimi di petrolio e gas; tuttavia, gli alleati sono anche consapevoli dell’autolesionismo economico che comporta il taglio delle importazioni a zero”, ha aggiunto. “Da parte sua, il Cremlino può essere tentato di utilizzare come arma le sue risorse naturali, il che potrebbe provocare il blackout in Europa. Ma sa anche che le esportazioni di materie prime sono la sua stessa ancora di salvezza economica”.

“È la versione nel mercato delle materie prime della dottrina della guerra fredda della distruzione reciproca assicurata, o MAD”.

Blas nota anche che con altri avversari, ad esempio l’Iran o il Venezuela, la Casa Bianca è stata più veloce ad usare il petrolio come strumento geopolitico.

“Come risultato, sia Teheran che Caracas non solo possono vendere legalmente il petrolio negli Stati Uniti, ma nemmeno nel resto del mondo”. Tuttavia, la Russia rimane libera di spedire il suo petrolio in America, e anche il Regno Unito continua a comprare il diesel russo”.

Blas conclude dicendo che “a questo punto, né Mosca né gli Stati Uniti e i suoi alleati hanno un interesse economico, politico o militare ad utilizzare come armi petrolio, gas e altre risorse naturali”.

Quindi, aspettative ancora tanta V nella prossima settimana, mentre i mercati cercano di separare il grano dalla pula, come si suol dire.

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