Di Geoffrey Smith
Investing.com - Volete spaventare la gente ad Halloween quest’anno? Provate a travestirvi dalla cosa più spaventosa di tutte in questo periodo: la filiera globale.
Ma, prima, allerta spoiler: dovrete farvi il costume da soli. La fabbrica in Vietnam che lo produce ha appena riaperto dopo mesi di lockdown e, anche se riusciste a trovarlo ad Ho Chi Minh City, la nave che lo trasporta dovrà mettersi in fila dietro altre 70 al momento attraccate al largo del porto di Long Beach, che aspettano di scaricare più di 26 miliardi di dollari di carico.
La congestione nei porti statunitensi ci ricorda che la crisi delle filiere è in parte un problema della domanda. Distributori e produttori sapevano da mesi che questo periodo natalizio sarebbe stato una sfida e si sono affrettati a fare gli ordini in anticipo. E tutto questo mentre aumentano le restrizioni per il Covid-19 sul posto di lavoro ed i lockdown in Cina.
Le compagnie, da Toyota (T:7203) a Kimberly-Clark (NYSE:KMB) e Whirlpool (NYSE:WHR), hanno allungato i tempi di previsione per quanto riguarda la durata dell’impatto della carenza di forza lavoro e componenti.
Quella che si prevedeva fosse un’impennata dei prezzi comincia a sembrare un plateau.
A fine settembre, è circolata la notizia che Apple (NASDAQ:AAPL) intenderebbe tagliare le spedizioni del suo nuovo iPhone 13 per via dell’impossibilità di trovare componenti.
La scorsa settimana, Snap (NYSE:SNAP) ha avvertito che gli inserzionisti hanno dovuto tagliare il budget, a dimostrazione che anche le compagnie social, in fondo, si alimentano alla stessa filiera di produttori e distributori.
Persino i produttori di chip accusano la carenza globale di chip per le vendite deboli. Intel (NASDAQ:INTC) la scorsa settimana ha reso noto di aver mancato gli obiettivi sulle vendite perché i produttori di accessori che comprano i suoi chip ne hanno ordinati di meno, dal momento che mancano i semiconduttori che prendono da altre aziende per realizzare il prodotto finito.
I semiconduttori restano al centro del problema. E sebbene non ci sia un consenso su quanto durerà la carenza, il trend sta inequivocabilmente andando verso orizzonti più lunghi.
Ci vuole tempo per costruire una fabbrica di chip. E i produttori, soprattutto quelli vulnerabili alla concorrenza cinese, si tormentano per il fatto di dover sborsare miliardi in anticipo per costruire fabbriche che potrebbero non essere del tutto utilizzate.
Tuttavia, la geopolitica, soprattutto per quanto riguarda i rapporti USA-Cina, ha dato al settore un certo conforto in questo senso. L’olandese ASML (AS:ASML), l’unica compagnia al mondo a produrre le macchine litografiche da 150 milioni di dollari in grado di stampare i chip più piccoli e potenti, sta evitando di venderle alla Cina grazie alle pressioni diplomatiche degli USA.
E il risultato comincia a vedersi, dall’Arizona, al Texas, al Giappone. Intel prevede di costruire due nuovi impianti di fabbricazione, per 20 miliardi di dollari. Samsung (KS:005930) è vicina all’accordo per la costruzione di una nuova fabbrica in Texas. Taiwan Semiconductor Manufacturing (NYSE:TSM) dovrebbe costruire un nuovo grande impianto in Giappone.
Tutti questi progetti richiedono tempo. Ma, alla fine, questa espansione sincronizzata della capacità può significare solo una cosa: l’industria dei chip, da sempre intensamente ciclica, resterà tale, nonostante le prospettive di crescita secolari.
Prima o poi, le forniture non solo soddisferanno la domanda, ma la supereranno (molto probabilmente quando le banche centrali occidentali cominceranno ad alzare i tassi di interesse per portare l’inflazione sotto controllo). Il picco potrebbe non essere ancora arrivato, ma sarà presto visibile.