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Bitcoin, perché non è uno strumento per risparmiatori

Pubblicato 22.05.2018, 12:57
Aggiornato 22.05.2018, 11:00
Bitcoin, perché non è uno strumento per risparmiatori

Bitcoin, perché non è uno strumento per risparmiatori

L’andamento sul mercato del Bitcoin, e di tutte le altre monete virtuali, non si basa su alcun dato fondamentale economico ma solo speculativo: meglio stare alla larga.

Il Bitcoin è la moneta virtuale può famosa con i suoi circa 140 miliardi di dollari di capitalizzazione di mercato. Le altre monete virtuali che stanno scalando la classifica del gradimento sono Ethereum (denominata pure Ether), Ripple, Bitcoin cash e Eos.

NESSUNA BANCA O ENTE FINANZIARIO

La loro diffusione si spiega anche per il fatto che si tratta di strumenti negoziati prevalentemente online e, inoltre, perché i Bitcoin non fanno capo a nessuna banca centrale, a differenza delle valute quali, per esempio, l’euro, il dollaro USA, lo yen giapponese o la sterline inglese il cui andamento è legato alle manovre delle rispettive banche centrali ovvero BCE, Federal Reserve, Bank of Japan e Bank of England.

GLI EFFETTI DELLA GRANDE CRISI 2008 – 2009

Quest’ultimo aspetto ne ha alimentato la diffusione soprattutto tra tutti coloro che hanno individuato nelle banche e, più in generale, nel sistema finanziario il colpevole principale della grande crisi economico – finanziaria del 2008- 2009. Conosciamo più da vicino il Bitcoin le cuI regole di funzionamento sono comuni alle altre monete virtuali. Il Bitcoin è decentralizzato: nessuna banca o ente finanziario ha il controllo del network di Bitcoin. Non esiste nessun CEO o direttore generale di Bitcoin, il cui meccanismo di funzionamento garantisce le transazioni e il riconoscimento di una percentuale a coloro che estraggono nuovi bitcoin.

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TECNOLOGIA BLOCKCHAIN

I Bitcoin, infatti, non sono stampati come una comune moneta ma sono ‘estratti’ da un complesso meccanismo di calcolo basato su un algoritmo proprietario controllato tramite la tecnologia blockchain. Quest’ultima è una tecnologia costruita su una ‘catena a blocchi’ (definizione letterale di blockchain) che aggrega tanti computer in parallelo capaci di sviluppare calcoli complessi in grado di produrre nuovi bitcoin e, al contempo, di garantire che ogni transazione sul web sia certificata: questo assicura che il passaggio di proprietà di un bitcoin sia conosciuto in tempo reale da tutti gli utenti internet. L’algoritmo in base al quale è stato sviluppato il Bitcoin prevede che l’estrazione di nuovi Bitcoin avvenga nel tempo ma fino a raggiungere una capienza massima di 21 milioni di ‘pezzi’: dal momento che è stato superato il muro dei 17 milioni di Bitcoin già in circolazione, ne restano ancora meno di 4 milioni da produrre.

I MINER

Il problema è che i ‘miner’ cioè coloro che estraggono nuovi Bitcoin (e che per questa loro attività vengono remunerati dal sistema di blockchain con una percentuale in centesimi sui ‘pezzi’ prodotti) devono fare i conti con elaborazioni sempre più complesse che richiedono computer collegati in rete che consumano tanta energia e che rendono l’attività non particolarmente profittevole se non opportunamente organizzata con economie di scala e la cooperazione tra più network.

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COME SI FORMA IL PREZZO SUL MERCATO

Al di là di queste aspetti tecnici, quel che conta per chi acquista Bitcoin è come si forma il prezzo sul mercato e come può cambiare nel tempo. Ebbene osservando l’andamento del valore del Bitcoin negli ultimi 12 mesi si può avere la precisa dimostrazione di che tipologia di strumento sia. Nel 2017 un Bitcoin valeva circa 2.000 dollari mentre nella prima parte del 2018 aveva quadruplicato il valore (venerdì 18 maggio oscillava intorno agli 8.350 dollari). Chi avesse acquistato un Bitcoin 12 mesi prima avrebbe quindi realizzato un guadagno del +318% circa. Chi invece lo avesse acquistato il 22 novembre 2017, a maggio 2018 avrebbe avuto in tasca un Bitcoin con lo stesso valore di allora mentre chi lo avesse comperato il 16 dicembre (magari per farsi o per fare un regalo di Natale) avrebbe contabilizzato una perdita ‘virtuale’ di valore del 56% in quanto il prezzo del Bitcoin è crollato da 19.176 dollari a 8.350 dollari.

UNO STRUMENTO SPECULATIVO

Prezzi che si sono mossi in modo erratico senza che nel frattempo non sia intervenuto nessun importante cambiamento non soltanto in ambito economico, finanziario o valutario ma nemmeno specifico dell’universo del Bitcoin. Alla luce di queste performance risulta evidente che lo strumento del Bitcoin non può essere considerato un investimento, né a breve né a medio ungo termine, quanto piuttosto una scommessa speculativa che può permettere, come tutte le sommesse di far guadagnare tanto in poco tempo ma anche di far perdere tanto in un brevissimo periodo.

L’OCCHIO DEL FISCO

Non solo. Da quest’anno i Bitcoin sono considerati in Italia alla stregua di valute (come dollari, yen, sterline, etc.) e come tali devono essere denunciati nel quadro RW della dichiarazione annuale dei redditi se sono detenuti all’estero. Se invece, il loro valore medio in nostro possesso è superiore ai 51.645, 69 euro e sono detenuti in Italia per almeno sette giorni lavorativi di seguito, sulle plusvalenze prodotte si applica una ritenuta fiscale del 26%.



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