Il Venezuela è il terzo Paese per adozione e utilizzo di criptovalute. A rivelarlo un rapporto dell’ONU, secondo il quale oltre il 10% della popolazione possiede e utilizza asset digitali.
A influenzare l’andamento positivo gli anni della pandemia, durante i quali abbiamo assistito a una crescita esponenziale in questa direzione, ma anche la necessità dei cittadini di proteggere i propri beni da fenomeni inflativi che da tempo affliggono le economie sudamericane.
Un messaggio chiaro anche a Charlie Munger, che proprio oggi ha detto che solo malati mentali comprerebbero cripto. Un segnale del vero utilizzo soprattutto nei momenti di crisi. Un utilizzo sul quale possiamo investire anche con la piattaforma sicura Capital.com – vai qui per ottenere un conto di prova gratis con CAPITALE VIRTUALE ILLIMITATO – intermediario che ci permette di investire su 476+ cripto a listino, scelte tra le migliori e più interessanti per gli investitori.
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I venezuelani cercano salvezza nelle cripto
Il Venezuela è un Paese decisamente crypto-friendly, a causa di un’inflazione sempre più spinta e del disastro fiat, all’interno del quale Bitcoin rappresenta un’ancora di salvezza. Una sorta di ecatombe delle valute statali che vede nelle cripto forse l’unica possibile ancora di salvezza. Con gli stablecoin che garantiscono accesso facile al dollaro USA che giocano un ruolo altrettanto importante. E non semplice malattia mentale come dice Munger.
Ecco a cosa servono (anche) le cripto
Possiamo individuare così, a grandi linee, i motivi che hanno portato il Venezuela a classificarsi terzo al mondo per adozione di criptovalute. La fotografia ci arriva da uno studio delle Nazioni Unite, che mette in luce altri dati interessanti: dall’autunno del 2019 a giugno 2021 l’intero comparto cripto è cresciuto del 2.300%. Il 10,3% di cittadini venezuelani possiede almeno una criptovaluta, preceduti dai russi che fanno registrare un tasso pari all’11,9%. Ancora più in alto troviamo l’Ucraina, in cui il tasso di adozione tra la popolazione raggiunge il 12,7%.
Laddove imperversa il conflitto ormai da mesi non è difficile immaginare i motivi di tali numeri. In favore dell’Ucraina si sono mossi praticamente tutti i soggetti del panorama cripto, con donazioni da parte di Algorand, azioni di sostegno e raccolte fondi che hanno visto protagonisti Crypto.com e quasi ogni altro operatore del settore, sin dall’inizio della guerra.
Anche i cittadini russi, che a causa delle azioni del proprio governo stanno vivendo una situazione economica difficile, trovano rifugio nelle criptovalute un rifugio (sebbene inutile per aggirare le sanzioni), con la Banca Centrale che sul Mining Bitcoin sarebbe pronta a un dietrofront.
Inflazione? Benvenute cripto
Il Venezuela per fortuna non è alle prese con uno scenario di guerra, ma le economie dell’intera area non se la passano bene. Ricorsivi e sempre più pesanti fenomeni inflativi, spinti da una situazione economica al disastro per molte realtà locali.
Paesi in cui, come accade soprattutto nel continente africano, è molto ricorrente anche il fenomeno delle rimesse internazionali, che nelle criptovalute trovano trovano le migliori condizioni per effettuare transazioni sicure, veloci e soprattutto al riparo da censure da parte degli organi centrali.
L’intera area fa registrare quindi un interesse crescente verso l’intero comparto. In molti casi per cercare di proteggere le proprie ricchezze, in altri invece per le operazioni finanziarie più disparate, come l’acquisto di immobili in Bitcoin, pratica possibile in Brasile, altro Paese latino decisamente orientato verso le criptovalute, cosa dimostrata anche oggi dall’annuncio di PicPay, processor di pagamenti che entrerà anch’esso nel mercato cripto.
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