di Luca Trogni
MILANO (Reuters) - Nessuna voce del bilancio italiano quest'anno è stata trascurata dalla nota di aggiornamento del Def perchè il contenimento del deficit al 2% del Pil nel 2017 è impresa ardua.
Guardando alla voce 'Tesoreria unica', ossia al conto corrente del ministero dell'Economia, si legge, in una piccola nota a piè di pagina, che è stata prevista "una modesta riduzione delle giacenze di liquidità del Mef per circa lo 0,28 per cento del Pil nel 2017", pari a cinque miliardi.
Poichè i fondi lasciati sul conto corrente sono conteggiati come disavanzo, con questa mossa si migliora di 0,28 punti il rapporto tra deficit e Pil del prossimo anno.
L'esigenza di rientrare nei parametri europei ha anche indotto il governo a limare un'altra voce di bilancio che tradizionalmente è stata usata come cuscinetto finanziario: le stime degli interessi sul debito.
Gli esperti ritengono che i 64 miliardi stimati per la spesa 2017 per onorare il debito dello Stato siano un livello molto verosimile. Negli anni precedenti, 2016 compreso, previsioni prudenziali sugli interessi avevano consentito risparmi in grado di compensare altri sforamenti di bilancio.
Il punto di partenza dalla manovra è in salita.
Lo scontato annullamento della clausola di salvaguardia che implicherebbe l'aumento dell'Iva fa salire il deficit dall'1,6% tendenziale al 2,5%.
Il governo indica quindi le misure per riportare il deficit al 2% - riduzione della spesa strutturale e recupero di base imponibile - ma nello stesso tempo annuncia misure espansive: incentivi agli investimenti, superincentivi per l'innovazione, maggiori investimenti pubblici, sostegno alle pensioni più basse, rinnovo dopo anni di stop del contratto dei pubblici dipendenti.
Ad ottobre la legge di bilancio indicherà quali misure consentiranno di contenere il deficit al 2% del Pil.
Il deficit strutturale, indicatore sensibile per il giudizio della Ue, è previsto invariato nonostante le richieste di Bruxelles, a fronte della flessibilità concessa per il 2016, di metterci mano con decisione dal 2017.
L'altra ambiguità riguarda l'effettivo livello del deficit che viene indicato al 2% contro l'1,8% del Def di aprile ma con la possibilità che l'indicatore salga al 2,4% a causa delle uscite per la ricostruzione nelle zone terremotate e per i migranti.
Ma con il 2,4%, livello a cui punta Renzi, ci sarebbero ricadute negative come il venir meno del calo del debito/pil. I soli tre decimi di riduzione previsti dalla nota di aggiornamento per il 2017 verrebbero meno.
CRESCITA A 1% A RISCHIO
Dal lato della crescita il punto dolente dell'aggiornamento delle stime sempre per il 2017 è rappresentato dallo 0,6% tendenziale al +1% programmatico.
Secondo i dati aggregati del documento del Mef quattro decimi in più di deficit, dall'1,6% tendenziale al 2,0% programmatico, porterebbero a quattro decimi in più di Pil. Un'elasticità - il rapporto tra le variazioni percentuali di due variabili - pari a 1 che lascia perplessi gli economisti perchè sottintende un effetto moltiplicativo straordinario rispetto a valori abitualmente attorno a 0,5/0,6.
Il governo spiega gli elementi che portano a questo risultato. L'annullamento del rialzo delle aliquote Iva, che avrebbe un impatto negativo, varrebbe da solo tre decimi di punto di crescita in più. Le misure per contenere il deficit dello 0,5 del Pil hanno invece un effetto negativo limitato a due decimi compensati dall'impatto delle misure con effetti espansivi.
L'ultimo decimo arriverebbe da politiche già in essere ma stranamente non già conteggiate nel valore tendenziale.
Le premesse vanno nella direzione di dati 2017 ad alta probabilità di correzione in senso peggiorativo.
Le revisioni al rialzo del Pil nel corso del 2015, primo anno di completo governo renziano, sembrano molto lontane.