FRANCOFORTE (Reuters) - Nessun Paese della zona euro avrebbe alcun beneficio dall'uscita dall'unione monetaria e sono nella maggioranza dei casi i governi -- non l'euro -- i responsabili delle difficoltà economiche dei singoli Paesi.
E' il messaggio del presidente Bce in un momento per l'Europa particolarmente delicato, in cui l'euroscetticismo continua a guadagnare terreno e molti partiti politici -- in testa il Front National francese e i 5Stelle -- fanno della messa in discussione della moneta unica una delle colonne portanti della campagna elettorale.
Incoraggiati dal voto britannico di fine giugno a favore di un divorzio tra Regno Unito e Ue, i detrattori dell'euro sostengono che un cambio flessibile -- dunque svalutabile -- renderebbe nuovamente competitiva l'economia, ponendo così termine ad anni di rigida austerità.
L'apprezzamento visto dall'euro negli ultimi anni viene messo in relazione quasi esclusivamente alla crescita tedesca.
In un discorso pronunciato a Lubiana per il decimo anniversario dall'ingresso della Slovenia nella zona euro, Mario Draghi sceglie un tono inusitatamente duro nei confronti dei politici, accusati di minare la fiducia nella valuta unica.
"I Paesi che hanno realizzato le riforme necessarie non hanno bisogno di un cambio flessibile per arrivare a una crescita duratura" dice.
"Se la crescita della produttività di un Paese è debole questo deriva da problemi strutturali dalle radici profonde, il tasso di cambio non può essere certo la soluzione" aggiunge.
Draghi lamenta il rallentamento delle riforme strutturali, il progressivo ammorbidimento del Patto Ue di stabilità e di crescita e la fragilità dei progressi in direzione dell'integrazione finanziaria, pur sottolineando che la situazione varia da Paese a Paese.
"Va detto molto chiaramente che all'origine di tutto questo non sta l'euro in quanto valuta. Le autorità nazionali sapevano bene il da farsi" dichiara.
"Non è la valuta che poteva proteggerli dallo loro stesse decisioni politiche" conclude.