di Roberto Landucci
ROMA (Reuters) - Il Senato declassato ad assemblea di consiglieri regionali e sindaci, privato del potere di votare la fiducia al governo e di fare le leggi in quasi tutti i campi; più chiara ripartizione di competenze tra Stato e Regioni; abolizione del Cnel e delle province.
Questi i capisaldi della riforma costituzionale, approvata oggi in prima lettura da Palazzo Madama, che il premier Matteo Renzi rivendica come un passo essenziale per ridare efficienza alla politica e fiducia nel sistema-Italia agli investitori esteri.
L'obiettivo del governo è di farla approvare in via definitiva entro la fine del 2015. Il cammino è ancora lungo: mancano ancora tre o quattro voti parlamentari e un referendum.
SENATO DEI 100, FINISCE PING-PONG CON MONTECITORIO
Il Senato cambia pelle. I senatori saranno 100 e non più 315. Non li sceglieranno i cittadini, che alle elezioni politiche si limiteranno a rinnovare la Camera dei deputati. Novantacinque saranno scelti dai consigli regionali tra i loro consiglieri e, in misura minore, tra i sindaci della regione, e cinque dal presidente della Repubblica. Tutti e 100 continueranno ad essere coperti dall'arresto grazie all'immunità parlamentare.
Il nuovo Senato non voterà più la fiducia al governo e non farà più le leggi assieme alla Camera - finisce il "bicameralismo perfetto" - con alcune eccezioni: leggi costituzionali, in materia elettorale, di referendum, ratifica trattati internazionali, diritto di famiglia e salute.
SOLO "PROPOSTE" IN LEGGI BILANCIO, STOP A DECRETI OMNIBUS
Palazzo Madama potrà invece esprimere proposte di modifica alle leggi votate da Montecitorio in tempi stretti (30 giorni), sulle quali la Camera avrà poi l'ultima parola a maggioranza semplice. Sulle leggi di bilancio il tempo di reazione del Senato scende da 30 a 15 giorni.
Sempre con l'obiettivo di rendere più snello il procedimento legislativo, nella conversione dei decreti legge, che spetta alla Camera, non possono essere approvate disposizioni estranee all'oggetto e alle finalità del decreto. Inoltre il governo potrà chiedere alla Camera di votare entro il termine di 60 giorni i provvedimenti "essenziali per la realizzazione del suo programma", scaduti i quali il ddl dovrà essere messo ai voti senza modifiche.
CAMBIANO LE REGOLE PER L'ELEZIONE DEL CAPO DELLO STATO
Con la nascita del "Senato delle autonomie" i grandi elettori del presidente della Repubblica saranno soltanto i deputati e i senatori (non più i consiglieri regionali). Ma il governo si è impegnato a discutere nel prossimo passaggio parlamentare della riforma dell'estensione della platea agli eurodeputati.
L'attuale Costituzione impone il quorum di 2/3 fino al terzo scrutinio, oltre il quale è sufficiente la maggioranza assoluta. Le nuove regole prevedono la maggioranza assoluta soltanto dalla nona votazione.
INTRODOTTO IL REFERENDUM PROPOSITIVO
La riforma innova anche in materia di referendum. Per quelli abrogativi si introduce un doppio quorum: se le firme d'appoggio sono 500.000 occorrerà, come ora, che alle urne si rechi la metà più uno degli aventi diritto. Se le firme salgono a 800.000 basterà la maggioranza dei votanti alle ultime elezioni politiche.
Si prevede anche una nuova forma di consultazione popolare: "il referendum propositivo e di indirizzo". Ma ci sarà bisogno di una legge costituzionale ad hoc per definirne "condizioni ed effetti".
PIU' STATO E MENO REGIONI
Vengono cancellate dalla Costituzione le "competenze concorrenti" tra Stato e Regioni, introdotte nel 2001 e che hanno ingolfato la Corte costituzionale di ricorsi. Il nuovo Titolo V della Carta definisce le competenze esclusive dello Stato, che si estenderanno ad ambiente, beni culturali e paesaggistici, energia ed infrastrutture, finora condivise con le regioni.
Sarà sciolto il Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro (Cnel) e saranno abolite le province che erano già state depotenziate da una legge della scorsa primavera.
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