di Emilio Parodi
MILANO (Reuters) - La Regione Lombardia ha confermato fino al 31 ottobre 2020 il tetto ai rimborsi delle prestazioni sanitarie fissato prima dell'emergenza Covid e gli operatori dell'assistenza domiciliare, che dall'esplodere dell'epidemia hanno dovuto lavorare il doppio, temono che presto non potranno più garantire il loro servizio.
Nella delibera votata all'unanimità il 26 maggio, letta da Reuters, la Regione ha stabilito di spostare a fine ottobre "la sottoscrizione del contratto definitivo con gli enti erogatori sanitari e sociosanitari", di prorogare "la validità degli importi previsti nel contratto sottoscritto" a gennaio, "di continuare con il pagamento degli acconti, fatta salva la necessità di eventuali adeguamenti".
"E' anche quell'aggettivo, 'eventuali', che crea allarme. Invece il decreto rilancio dice che si deve potenziare l'assistenza territoriale", dichiara a Reuters Massimo Sparpaglione, presidente di Assedo, associazione che raggruppa società e cooperative del settore.
"Gli enti gestori devono dare ai propri dipendenti la certezza del lavoro e la Regione deve dare ai cittadini la certezza di avere il servizio - prosegue - Non sappiamo se ci pagheranno l'iperproduzione che molti di noi hanno dovuto erogare per l'emergenza. Così la Regione lascia la sanità nel limbo".
REGIONE: NON ESCLUSI ADEGUAMENTI PRIMA DI OTTOBRE
La Regione Lombardia, contattata da Reuters, risponde con una mail della direzione generale Welfare, confermando il contenuto della delibera del 26 maggio, ma precisando che "il rinvio dei termini contrattuali è dettato dalla necessità di definire la regolazione economica dei servizi aggiuntivi attivati per l'emergenza, aspetti sui quali si attendono provvedimenti di rilievo nazionale".
"E' oltretutto necessario tenere conto dell'evoluzione del quadro epidemiologico per riuscire a inquadrare il relativo fabbisogno dei servizi rispetto alle condizioni di normalità".
La nota si conclude con una possibile apertura: "Si precisa infine che ciò non preclude la possibilità di adozione, prima del 31 ottobre, di eventuali ulteriori provvedimenti regionali di regolazione economica per riconoscere il particolare contributo degli erogatori legato alla situazione dell'emergenza".
"NON SI PUO' LAVORARE DOPPIO SENZA SAPERE SE SAREMO PAGATI"
Il problema era emerso la settimana scorsa, quando le Autorità sanitarie locali (Ats) avevano inviato a società e cooperative di infermieri domiciliari una mail in cui le mettevano in guardia perché, a causa della pandemia, avevano effettuato un numero di interventi superiori a quelli fissati in precedenza. Interventi che, se eccedono di oltre il 6% il budget fissato, non vengono retribuiti. [nL8N2D31Y2]
"Non possono pretendere che lavoriamo il doppio e poi aspettiamo fino al 31 ottobre per sapere se verremo pagati", dice Maura Zucchelli, una delle socie di Itineris, a Ponte Nossa, 19 operatori sanitari per assistenza domiciliare in Val Seriana e a Bergamo.
"Noi abbiamo supplito. Abbiamo risposto alle necessità del territorio, quando gli ammalati erano stati lasciati a casa. E ora la Regione ci dice: aspettate".
Giulia Perego, responsabile ADI (assistenza domiciliare) della cooperativa Generazioni FA di Albino (Bergamo) definisce "un'assurdità" questo stallo sul budget di fronte a un'emergenza imprevedibile come è stata il Covid-19.
"Al momento non ci riguarda - dice a Reuters - perché nonostante l'emergenza siamo rimasti in linea col budget, immagino perché, oltre a moltissimi interventi in più, ci sono stati purtroppo anche tanti decessi che hanno fatto da contraltare".
"Ma che di fronte a una tragedia imprevista di questo genere non ci sia un riconoscimento, mi sembra una vergogna - commenta - La situazione è anche più assurda perché la Regione ci impone due obblighi opposti e inconciliabili: sia il rispetto del budget sia l'obbligo di dare continuità assistenziale, cioè l'obbligo di non rifiutare pazienti".
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