di Gavin Jones e Giuseppe Fonte
ROMA (Reuters) - Il rallentamento della già timida ripresa economica italiana appesantisce i problemi di bilancio di Roma e, anche se Matteo Renzi riuscisse ad ottenere flessibilità dalla Commissione europea, il Paese potrebbe essere punito dai mercati.
A fine 2015 il prodotto interno lordo è cresciuto di 0,1 punti percentuali, sotto le aspettative per il secondo trimestre consecutivo.
La previsione ufficiale di un Pil a +1,6% nel 2016 sembra già fuori portata e la minore crescita impatterà negativamente sulle entrate tributarie, rendendo meno verosimile che il rapporto debito/Pil torni a scendere dopo otto anni di crescita ininterrotta.
Come se non bastasse, l'ondata di ribassi in Borsa ha compromesso anche il progetto di quotare in Borsa Ferrovie dello Stato ed Enav. La settimana scorsa, durante un incontro con la stampa, dirigenti del Tesoro hanno detto che parlare di Ipo con questi mercati fa venire i brividi.
Ancora prima degli ultimi dati sul Pil e delle turbolenze finanziarie, Renzi aveva ingaggiato un duro confronto con Bruxelles sul bilancio di quest'anno.
La Commissione ritiene che il quadro di finanza pubblica presentato dall'Italia possa essere in contrasto con le regole comunitarie e non esclude di chiedere una manovra correttiva. Il verdetto finale arriverà a maggio.
Appellandosi allo sforzo sulle riforme e alla necessità di non indebolire un'economia appena uscita dalla recessione, Renzi ha chiesto di poter alzare il deficit fino ad un punto di Pil nel 2016, quasi 18 miliardi in valore assoluto, ed ha attaccato i vertici della Commissione definendoli "i professionisti dello zero virgola".
Vista da Bruxelles la storia appare diversa. "L'Italia ha beneficiato più di ogni altro della flessibilità", ha detto il vice presidente della Commissione Jyrki Katainen a Sky. "L'Italia ha delle sfide di fronte a sé, se continua ad avere un deficit così alto e a non rientrare dal debito rischia di perdere credibilità sui mercati".
L'esperienza suggerisce che un compromesso alla fine sarà raggiunto, ma servirà solo a prendere tempo fino al 2017. Infatti i tagli alla spesa che il governo ha finora rimandato potrebbero rivelarsi più difficili da gestire ad un anno dalle elezioni.
LA MONTAGNA DEL DEBITO PUBBLICO
Il problema è che, a forza di spalmare su più anni il risanamento fiscale, la dimensione della manovra necessaria a rispettare gli impegni assunti con Bruxelles è via via lievitata. Gli impopolari aumenti di Iva e accise posti a garanzia dei saldi hanno un valore di 15 miliardi nel 2017 e quasi 20 nel 2018. Per disinnescarli occorrono tagli di pari entità.
A fronte di ciò, il debito pubblico continua a stazionare sopra il 130% del Pil ed è il secondo più alto dell'Eurozona dopo quello greco.
L'economia italiana non subisce gli effetti recessivi di una correzione del bilancio da quando, a fine 2011, il governo di Mario Monti varò misure draconiane per salvare il Paese dalla bancarotta.
Renzi deve quindi gestire una combinazione 'tossica' fatta di crescita incerta, privatizzazioni in stallo e, nonostante gli acquisti della Banca centrale europea (Bce), interessi sul debito in aumento.
C'è anche il rischio di una crisi bancaria. Zavorrati da oltre 200 miliardi di sofferenze, gli istituti italiani hanno perso quasi il 30% in Borsa da inizio anno.
La differenza tra il rendimento di Btp e Bund a 10 anni ha lambito i 140 punti base dai 90 di dicembre.
"L'Italia è vulnerabile. Fino a quando ci sarà un mercato avverso al rischio ci sarà il rischio che lo spread Btp-Bund cresca ulteriormente", dice Daniel Lenz, bond strategist di DZ Bank.
Renzi dovrà affrontare le elezioni nella primavera del 2018 e sa che le politiche di 'austerity' fanno perdere consensi, come mostrano i risultati del voto in Spagna e Portogallo, lo scorso anno.
I sondaggi mostrano che gli indici di gradimento del premier sono scesi negli ultimi 12 mesi e l'ostilità ai tagli alla spesa resta alta. Inoltre, Renzi è sotto la pressione dei partiti di opposizione, desiderosi di trarre vantaggio dal crescente sentimento anti-europeo dei cittadini italiani.
LA QUADRATURA DEL CERCHIO
A meno che la Commissione non si metta di traverso, nel 2016 il rapporto deficit/Pil dovrebbe scendere marginalmente al 2,4 dal 2,6% dell'anno scorso.
Renzi ha inserito nella legge di Stabilità tagli di tasse per oltre 5 miliardi quest'anno e ha già impegnato le risorse per tagliare l'Ires dal 27 al 24% nel 2017. Allo stesso tempo il quadro programmatico prevede che il rapporto deficit/Pil scenda all'1,1% il prossimo anno, un calo di circa 22 miliardi in valore assoluto.
Non è chiaro come il governo riuscirà a far quadrare il cerchio.
Gustavo Piga, professore di economia all'Università Tor Vergata di Roma, dice che il governo deve portare avanti la battaglia con Bruxelles e rinegoziare gli obiettivi di bilancio. "L'Italia ha bisogno di uno stimolo fiscale", dice.
L'economista sprona Renzi a lanciare un programma di investimenti pubblici e ad aumentare l'indebitamento netto al 4% del Pil.
È poco plausibile che Renzi segua questa strada. Sebbene il tasso di crescita stia rallentando, l'Italia è comunque fuori dalla recessione da più di un anno. Manca quindi una delle ragioni che giustificano la richiesta di margini ulteriori sul bilancio.
"Non c'è altro spazio per la flessibilità e non è bene neanche per l'Italia che vi sia", dice Daniel Gros, a capo del Center for european policy studies (Ceps). "Con i mercati avversi al rischio l'Italia deve essere prudente".