Secondo una nota newsletter economica statunitense, uno shock inflazionistico si sta avvicinando furtivamente scompaginando i piani della Fed e dei mercati.
L’inflazione negli Stati Uniti è salita a giugno dello 0,1% (rispetto allo +0,2% delle stime degli analisti) portando il tasso di crescita su base annua al 2,9%, in aumento rispetto al 2,8% di maggio ma in linea con il consensus. Più basso il core rate, ossia l’indice dei prezzi al consumo senza alimentari e energia, che dal 2,2% di maggio è passato al 2,3 per cento.
FOCUS SULLE RETRIBUZIONI
Ma le retribuzioni dei lavoratori americani potrebbero accelerare bruscamente in qualsiasi momento, creando uno spavento inflazionistico che, a sua volta, sarebbe in grado di scardinare i piani attentamente predisposti dalla Federal Reserve, che prevedono un lento rialzo dei tassi di interesse.
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MERCATI TROPPO AUTOCOMPIACENTI
La minaccia è firmata da un eminente economista statunitense David Levy, presidente di The Jerome Levy Forecasting Center, che nella sua pubblicazione mensile intitolata ‘The Levy Forecast’, ha avvertito che la disoccupazione negli Stati Uniti è ora talmente bassa che i salari possono improvvisamente aumentare entro uno o due trimestri sorprendendo sia le aziende, che i mercati e la Fed. Al momento, afferma invece l’economista, il mercato sta incorporando prezzi che prevedono aumenti dei tassi graduali e morbidi in un contesto in cui l’inflazione sarà accomodante nei prossimi due anni.
SULLA SCIA DI HYMAN MINSKY
David Levy è l’editore di terza generazione di ‘The Levy Forecast’, la più antica newsletter di previsioni economiche statunitense. Le sue idee anticonformiste sull’economia sono legate agli studi di Hyman Minsky, l’economista del ventesimo secolo le cui tesi sulle crisi finanziarie sono state ignorate quando era vivo, ma che poi sono state rivalutate dopo la Grande Recessione 2007-2009. D’altra parte, che il pericolo inflazione sia molto sentito a Wall Street lo si è potuto constatare in modo tangibile all’inizio dello scorso mese di febbraio quando l’indice Dow Jones Industrial Average (DJIA) ha perso il 10% dal suo massimo storico.
LA CORREZIONE DEL DOW JONES
Una correzione scaturita proprio sulla scia delle preoccupazioni che la Fed avrebbe dovuto aumentare i tassi di interesse più del previsto quest’anno dopo la pubblicazione del dato sull’aumento delle retribuzioni di gennaio dei lavoratori USA (+2,9% su base annua), il più alto incremento da molti anni. Da allora l’indice DJIA ha recuperato una parte del terreno perduto mentre il rendimento del titolo del Tesoro decennale (Treasury) USA dopo aver toccato il 2,84% a febbraio, è salito sopra il 3% a maggio per poi planare di nuovo in area 2,84%.
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INFLAZIONE USA VERSO IL 4% O OLTRE
Ma David Levy avverte, nei prossimi 12 mesi l’inflazione potrebbe dirigersi verso il 3% o il 4% e oltre: un’accelerazione che dovrebbe generare un aumento dei tassi di interesse più consistente di quanto previsto oggi dai mercati e che equivale a far deragliare la stabilità finanziaria negli USA e nel resto del mondo. Per l’economista, in quello scenario, non ci sarebbero alternative: o la Fed sarebbe di fatto costretta ad alzare i tassi per rallentare l’espansione o i mercati correggerebbero per incorporare i futuri aumenti della banca centrale USA.
LA FED MINIMIZZA IL RISCHIO CAROVITA
Secondo l’economista, l’unica eventualità che permetterebbe di scongiurare un aumento delle retribuzioni significative dei lavoratori nel prossimo anno e in seguito è che la crescita si arresti o risulti gravemente compromessa per un certo tempo. Finora, però, i funzionari della Fed hanno minimizzato il rischio di un aumento dell’inflazione che parta dal mercato del lavoro. Per esempio, il presidente della Fed di St. Louis James Bullard, in un discorso nella seconda metà di giugno, ha dichiarato che il legame tra inflazione e disoccupazione “è stato molto debole negli ultimi 20 anni”.
** Il presente articolo è stato redatto da FinanciaLounge