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Crescita, le scelte di Cina e USA aprono un nuovo corso per i mercati

Pubblicato 19.03.2018, 18:14
Aggiornato 19.03.2018, 17:30
Crescita, le scelte di Cina e USA aprono un nuovo corso per i mercati

Gli obiettivi delle due potenze non favoriscono la crescita globale sincronizzata. E la volatilità tornerà a fare capolino in modo graduale.

Se si osserva l’andamento della crescita del biennio 2016–2017 si nota che il ritmo è stato graduale e costante e, grazie anche al vigile controllo delle banche centrali (attente a non far deragliare il percorso di ripresa), si è diffuso a livello globale. Un contesto che ha stimolato lo slancio commerciale spingendo gli economisti a rivedere costantemente al rialzo le loro previsioni sulla crescita. Peccato che negli ultimi mesi questo regime di cooperazione coordinata sembri abbandonato a se stesso.

CINA E USA: STRADE DIVERGENTI

“Il protezionismo statunitense e l’intenzione della Cina di stabilire autonomamente le proprie iniziative commerciali avranno ripercussioni sul trend di crescita globale” dichiara Philippe Waechter, Chief Economist di Natixis Asset Management ricordando come ogni paese voglia imboccare la propria strada senza nessuna sincronizzazione a livello mondiale. Prendiamo per esempio l’Europa dove la crescita, dopo anni di stagnazione, è tornata a brillare. Il problema è che le politiche dell’area restano instabili: cosa potrebbe accadere se la crescita dovesse rallentare o i posti di lavoro innestare la retromarcia?Spostiamoci allor a in Cina, dove la Belt and Road Initiative (BRI) traccia la rotta che Pechino intende percorrere nei prossimi anni e che risulta essere funzionale alle necessità interne ma compatibile con l’approccio della WTO (World trade organization, l’organizzazione mondiale del commercio).

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I DAZI AMERICANI

“L’intera questione è particolarmente importante alla luce della recente decisione degli Stati Uniti di applicare i dazi all’importazione su acciaio e alluminio, con il rischio di ripercussioni a livello mondiale e il pericolo di nuovi squilibri in tutto il mondo, soprattutto in Europa, che è il principale fornitore di importazioni di acciaio degli Stati Uniti” specifica Philippe Waechter che ritiene infatti preoccupante tale decisione in quanto sembra essere solo una tessera del puzzle, piuttosto che l’intero quadro.

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RIDISTRIBUZIONE DELLA RICCHEZZA

“Gli Stati Uniti stanno adottando una mera politica interna. Quando Reagan ha intrapreso mosse di stimolo, l’economia era lungi dall’avere una piena occupazione, a differenza della situazione attuale. L’obiettivo di questo approccio non è quindi macroeconomico, ma piuttosto una strategia di ridistribuzione della ricchezza verso la parte più ricca della popolazione, come dimostrano le simulazioni per il periodo 2018-2027, che è la durata di questa politica fiscale” spiega Philippe Waechter. Peccato, aggiunge l’economista, che proprio questa politica sia destinata non solo a sostenere la domanda interna ma anche ad accentuare ulteriormente lo squilibrio del commercio estero, come già osservato negli ultimi mesi, ed è facile prevedere, secondo Philippe Waechter, un incremento dell’inflazione.

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FED, ALMENO 4 AUMENTI DEI TASSI NEL 2018

“La Federal Reserve dovrà agire più rapidamente e con maggiore decisione del previsto, il che significa che nel 2018 si potranno materializzare maggiori aumenti dei tassi (almeno quattro) per frenare gli squilibri innescati dalla politica fiscale” specifica Philippe Waechterprevedendo che le prossime mosse dalla banca centrale statunitense potrebbero spingere il dollaro verso l’alto nei prossimi mesi. “L’ aumento dei tassi sarà più rapido e più netto del previsto, per cui la volatilità si farà sentire sui mercati azionari. C’è sempre un ritardo di 18-24 mesi tra il ritocco dei tassi della Fed e l’aumento della volatilità, quindi questo si verificherà tra il 2019 e il 2020” rivela l’economista che conclude: “Lo slancio innescato dalla ripresa sembra essersi esaurito e l’emergere di un nuovo ordine politico sta portando a incertezze sulla capacità dell’economia mondiale di sostenere il ritmo di crescita raggiunto finora nel 2017 e 2018. La crisi non è finita perché la trasformazione politica non è completa”.

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** Il presente articolo è stato redatto da FinanciaLounge. Una parte di contenuti e dati gentilmente concessi da Natixis


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