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In acque inesplorate con Powell al timone

Pubblicato 09.07.2018 10:47
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La portaerei americana si avvicina al porto della normalità monetaria, e il Forex anticipa uno scenario di dollaro meno forte a vantaggio di euro e oro. Mentre il prezzo del rischio politico in Europa resta contenuto.

Fare il banchiere centrale è proprio un bel mestiere! Almeno se ti chiami Jay Powell e siedi sulla poltrona di presidente della Federal Reserve. In carica da sei mesi, ha parlato meno di quanto faceva in mezza giornata la sua predecessora Janet Yellen. Ma le mani sul timone che stanno portando l’America nel porto della normalità monetaria sono salde. In sei mesi ha alzato i tassi due volte, il doppio di quanto fatto da Janet nell’intero 2016, e si prepara a raddoppiare prima di Natale. A fine anno saremo al 2,5% e per metà 2019 probabilmente al 3%, vale a dire alla ‘missione compiuta’. Un’economia in forma strepitosa lo accompagna. Il dato di venerdì scorso sul lavoro è stato più che stellare. Non solo sono stati creati a giugno altri 213.000 posti dopo un maggio ben sopra 200.000, ma la disoccupazione è salita al 4% dal 3,8% del mese precedente. Perché anche questa è una buona notizia? Perché dice che 600.000 americani che avevano abbandonato l’idea di trovare un posto si sono messi a cercarlo, allargando il bacino della forza lavoro potenziale, su cui si misura appunto la disoccupazione.

GUERRA DEI DAZI A IMPATTO ZERO

Anche fare il presidente degli Stati Uniti d’America non è male. Con il dato di giugno il numero di americani che hanno un lavoro aumenta in modo consistente per la decima volta in 17 mesi di presidenza, portando il totale oltre 155,5 milioni, con la disoccupazione ai minimi di sempre per gli ispanici, un record già battuto dai lavoratori afro-americani un paio di mesi fa. Si allarga anche il bacino della forza lavoro, a oltre 162,1 milioni, calmierando le pressioni al rialzo sui salari, che restano contenute al 2,7%. Ma come, le guerre commerciali non dovevano essere un boomerang che avrebbe messo in ginocchio per prime le imprese americane? Il WSJ, che in primavera non aveva smesso di battere questo tasto, sabato 7 luglio deve ammettere che “la salute dell’economia incoraggia il gioco duro di Trump con la Cina. È vero che i dazi di solito sono negativi per l’economia, ma almeno sinora è veramente difficile sostenere che lo scontro con la Cina stia avendo un qualche impatto a livello macro”.

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LA VISTA LUNGA DEL FOREX

Intanto il dollaro sembra aver smesso di correre mentre l’euro ha rialzato la testa. Una contraddizione, visto che l’America va alla grande e l’Europa rallenta? Forse no, le mani forti che muovono il Forex appartengono a gente che ha la vista lunga. Abbiamo detto che i tassi dei Fed Fund potrebbero arrivare al target del 3% più o meno verso metà 2019. A quel punto, lo ‘zio Jay’ dovrebbe fermarsi perché ha messo in cascina un margine sufficiente per allentare in caso l’economia lo richieda. Quindi dal 2020 in poi la mossa successiva potrebbe anche essere un ribasso. Per la BCE è vero l’esatto contrario. A dicembre finisce il QE e le previsioni di mercato puntano a una prima mossa sui tassi proprio tra 12 mesi, o giù di lì. Questo può dare appeal all’euro e toglierlo al dollaro. Ovviamente chi muove i fantastiliardi che si scambiano sul Forex non sta ad aspettare che succeda, ma comincia a posizionarsi per tempo. Questo spiega non solo il recupero dell’euro ma anche la tenuta dell’oro. Dalla fine del gold standard nel 1971, il metallo giallo rappresenta un’alternativa al biglietto verde. Se si cerca un’alternativa un po’ d’oro vicino alla moneta europea ci può stare.

L’andamento del cambio euro/dollaro USA da marzo (Fonte: investing.com)

L’INFLAZIONE NON FA PAURA

E la curva dei tassi americani? Ce ne siamo occupati una settimana fa per osservare che la congiuntura astrale che la mantiene piatta è benigna. Ma se i Fed Funds arrivano al 3% tra un anno e i rendimenti dei T-bond a 10 anni restano dove sono, vale a dire sotto quel livello, allora è un’inversione bella e buona della curva, che dagli anni ’70 in poi ha sempre segnalato recessione in arrivo. Forse è anche questa una teoria da rivedere. Economia che corre e assenza di inflazione sono due cose che possono anche stare insieme, come è successo nella prima metà degli anni ’60 del secolo scorso. E in questo caso curva invertita, vale a dire tassi a breve più alti di quelli a lunga, non preannuncia per forza recessione. Stiamo navigando in acque abbastanza inesplorate, e quelli che in passato sono stati campanelli d’allarme magari oggi non segnalano pericoli. Aspettative di inflazione molto bassa nel medio lungo termine possono giustificare tassi a 10 e a 30 anni poco sotto e poco sopra il 3%, anche se la Fed continua a alzare. Il mercato sa che lo fa più per ricostruire margini di intervento che perché vede all’orizzonte il rischio inflazione.

Oro, un buon investimento per tutte le stagioni

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BOTTOM LINE

Le acque inesplorate che stiamo navigando non sono solo quelle rilevate dalla bussola dei dati macro e degli indicatori tecnici. Sono anche quelle della politica, che in Europa dopo la scomparsa o quasi del centrosinistra comincia a segnalare che anche il centrodestra sta diventando una specie di fantasma, vedi i casi May e Merkel. Il rischio prezzato dai mercati da quando tutto è cominciato con la Brexit due anni fa resta contenuto e può ancora rappresentare uno sconto interessante di cui approfittare per comprare Europa. Anche perché se l’edificio comunitario dovesse cedere, il problema non saranno le quotazioni delle banche o lo spread che si allarga.

(dalla rubrica “Caffè scorretto” della newsletter settimanale di FinanciaLounge)

** Il presente articolo è stato redatto da FinanciaLounge



In acque inesplorate con Powell al timone
 

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