L’appiattimento della curva dei rendimenti americani dovrebbe prendersi ora un momento di pausa. Lo sostiene Mark Holman, CEO di TwentyFour Asset Management, del gruppo Vontobel.
Il ragionamento di Holman è lineare: l’appiattimento si è verificato quando la Fed di Jay Powell si è mostrata determinata nel portare avanti la normalizzazione monetaria, con quattro aumenti previsti per il 2018, che porterebbero il limite alto dei tassi dei Fed Fund al 2,5% entro fine anno. I grafici dot plot segnalano altri quattro rialzi nel 2019, il che punterebbe a un’inversione della curva nei prossimi 12 mesi, con i tassi sulle scadenze più brevi del debito USA più alti rispetto a quelle lunghe a 10 e 30 anni.
LE SCELTE DELLA FED
Oggi il divario tra i tassi a due anni e i Fed Fund è di 66 punti base, ed è stato anche sotto per qualche tempo, perché i mercati hanno capito che il comportamento della Fed concretizzerà le proiezioni dot plot. Se la parte breve della curva mantiene la pendenza attuale, a fine anno – e con i Fed Funds al 2,5% – potremmo avere una curva invertita con tassi a due anni sopra il 3% e quelli a 10 anni ancora sotto.
IL MOTIVO DELLA CURVA PIATTA
E’ ancora prematuro parlare di curva invertita, che di solito segnala recessione in arrivo tra 12-18 mesi, proprio mentre siamo nel bel mezzo di un’altra stagione di utili trimestrali molto positivi e con il PIL degli Stati Uniti che nel secondo trimestre ha superato il 4%. E allora perché la curva si è appiattiva? Secondo Holman sono all’opera due forze, da un lato la Fed che alza sulla parte breve, dall’altro la parte lunga della curva che flette, con i tassi a 10 anni che dal 3,12% di maggio sono scesi fino al 2,80-2,90% di luglio.
PRESUNTE NOTIZIE NEGATIVE
Questo perché un’onda di cattive (o presunte tali) notizie ha spinto gli investitori a cercare rifugio nei Treasury americani a lunga scadenza, facendo salire i prezzi e di conseguenza scendere i rendimenti. Problemi che il mercato ha creduto di vedere, dal mix di timori per una guerra commerciale, Emerging Market in difficoltà dalla Turchia, all’Argentina fino al Brasile, insieme all’incertezza politica in Europa, ma che la Fed ha invece mostrato di non temere, andando avanti risoluta incoraggiata dalla ripresa economica continua e resiliente, dal miglioramento del mercato del lavoro e da una graduale, ma non preoccupante, ripresa dell’inflazione.
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LA RIVINCITA DEI FONDAMENTALI
La combinazione di una Fed che non vede problemi, e di mercati invece preoccupati è stata la congiuntura astrale perfetta per far appiattire la curva dei tassi americani. Ma, osserva Holman, ora l’ondata di cattive notizie è in diminuzione e viene lentamente sopraffatta da fondamentali positivi sia a livello aziendale che a livello macro, con il PIL americano che corre oltre il 4%. Intanto il Presidente degli Stati Uniti Donald Trump e il Presidente della Commissione Europea Jean-Claude Juncker hanno raggiunto un accordo sulle tariffe da un giorno all’altro, i politici italiani saranno presto in spiaggia, e le notizie negative provenienti dai mercati emergenti sembrerebbero essere già prezzate. Conclusione di Holman: i tassi sulle scadenze lunghe potrebbero risalire nel corso dell’estate e la curva avrà una tregua, almeno temporanea. Alla fine i fondamentali sembrano pronti a prendere il sopravvento sul sentiment.
** Il presente articolo è stato redatto da FinanciaLounge. Una parte di contenuti e dati gentilmente concessi da Vontobel