di Paolo Biondi
ROMA (Reuters) - Al termine della conferenza stampa di fine anno Matteo Renzi era raggiante, convinto di avere saputo raccontare i numeri di un'Italia che è passata dalla crisi alla crescita.
Il Pil, dopo anni di recessione, torna a salire mentre l'immigrazione scende. Aumentano le colonnine per le ricariche delle auto elettriche e, nello storytelling renziano, scende persino il debito (ovviamente quello sul Pil di fine 2016).
Il premier promette ai risparmiatori che saranno "tutelati" dal governo e da un sistema bancario che non è a rischio, così come non ci sarà bisogno di una nuova riforma del sistema pensionistico.
Renzi lancia, davanti al fuoco di fila delle domande dei cronisti, l'immagine aggressiva di un leader forte e sicuro di sé. Solo un piccolo lapsus dopo due ore e mezza di conferenza stampa: parlando della legge di Stabilità, gli sfugge un "legge elettorale".
Ma forse anche questo non è un errore. Il presidente del Consiglio pare lanciare una lunga campagna elettorale che avrà come prima tappa le Comunali di giugno (e si voterà anche a Roma, rassicura chi sostiene che temerebbe il voto capitolino), poi il referendum costituzionale, che Renzi continua a sperare si possa tenere ad ottobre. E ancora le Regionali del 2017, ultima tappa prima delle Politiche 2018.
I sondaggi odierni penalizzano un premier che ha fatto anche leggi impopolari come quelle sull'immigrazione, dice, ma il 30% che viene attribuito oggi al Pd è lo stesso livello che veniva attribuito al partito prima delle Europee del 2014, quando staccò di quasi venti punti i grillini toccando il 40,8%. E al cronista che, sbagliando, parla di 48% Renzi vorrebbe fare un monumento. I veri numeri ai quali guarda oggi sono quelli delle prossime elezioni.