Versione orginale di Laura Sánchez – traduzione a cura di Investing.com
Investing.com - “La proposta di una tariffa supplementare del 25% sulle calzature sarebbe catastrofica per i nostri consumatori, per le nostre imprese e per l'economia statunitense nel suo complesso”.
Inizia così la lettera che l'industria calzaturiera ha inviato al presidente degli Stati Uniti Donald Trump. "In qualità di aziende, marchi e rivenditori leader nel settore calzaturiero, con centinaia di migliaia di dipendenti in tutti gli Stati Uniti”, prosegue la lettera, “vi scriviamo per chiedervi di rimuovere immediatamente le calzature dalla più recente lista della Sezione 301 pubblicata dal rappresentante commerciale degli Stati Uniti il 13 maggio 2019”.
Più di 170 aziende, tra cui Nike, Adidas, Under Armature o Foot Locker, si sono unite contro Trump. "Solo leggendo i nomi è possibile capire l’obiettivo del testo, il famoso 'made in China' dei prodotti di questi marchi", commenta José Luis Cárpatos, CEO di Serenity Markets.
A questa protesta contro l'interminabile guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina, si aggiunge la confusione generata ieri sui mercati dopo l'annuncio da parte di Google (NASDAQ:GOOGL) del veto del gigante cinese Huawei, che ha generato un conflitto parallelo: la guerra tecnologica.
Anche se Trump si è tirato indietro concedendo una tregua di tre mesi per imporre il veto a Huawei, che oggi ha sostenuto la ripresa dei mercati, la questione continua a far parlare.
Secondo la Reuters, un rapporto realizzato dalla Foundation for Information Technology and Innovation sull'impatto potenziale dei severi controlli sulle esportazioni di tecnologie rivela che le aziende statunitensi potrebbero perdere fino a 56,3 miliardi di dollari di vendite all'esportazione in cinque anni. La misura potrebbe inoltre incidere su un massimo di 74.000 posti di lavoro.
Inoltre, il fondatore di Huawei, Ren Zhengfei, ha già assicurato che la rete 5G dell'azienda non sarà interessata dal veto di Trump e che nessuna società sarà in grado di superare la tecnologia del gigante cinese nei prossimi due o tre anni.
Anche l'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) ha fatto una dichiarazione sulla guerra commerciale nel suo rapporto semestrale sulle prospettive di crescita globale. L'Organizzazione stima che ulteriori frizioni tra Stati Uniti e Cina potrebbero sottrarre sei decimi del prodotto interno lordo (PIL) mondiale in due o tre anni e ha fatto un appello urgente agli Stati Uniti e alla Cina.