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Se il Golfo si scalda troppo torna il rischio sui mercati

Pubblicato 15.07.2019, 11:34
Aggiornato 15.07.2019, 09:41
Se il Golfo si scalda troppo torna il rischio sui mercati

Come quasi trent’anni fa con la guerra Bush-Saddam, la situazione nel Golfo potrebbe sfuggire di mano per un errore di calcolo. Un Trump che minaccia molto, ma non fa seguire mai nulla, potrebbe indurre l’Iran all’azzardo


Settimana scorsa, sull’onda delle parole di Jay Powell al Congresso che confermavano un taglio dei tassi in arrivo per fine mese, lo S&P 500 ha punzecchiato per la prima volta nella storia quota 3.000 punti. Esattamente di questi tempi, ma 29 anni fa, l’altro indice storico di Wall Street, il Dow Jones, era arrivato quasi a ‘baciare’ quota 3.000 per la prima volta. Peccato che una decina di giorni dopo, esattamente il 2 agosto del 1990, Saddam Hussein decidesse di invadere il Kuwait aprendo la strada alla prima Guerra del Golfo. L’indice dei blue chip americani nelle settimane successive andò giù di un 500 punti più o meno e riprese a flirtare con 3.000 solo nell’aprile del 1991, dopo che Bush padre aveva vinto la guerra contro il dittatore iracheno e liberato il Kuwait. Solo a inizio del 1992 però riuscì a conquistare stabilmente la vetta dei 3.000, che non avrebbe mai più perso. È una storia che somiglia alle pericolose schermaglie nello stretto di Hormuz di questi giorni, almeno per come è cominciata. Gli iracheni avevano un contenzioso finanziario e petrolifero con il Kuwait neanche del tutto infondato. La diplomazia americana lasciava intendere che avrebbe chiuso un occhio se le pressioni di Bagdad fossero diventate più pesanti. Saddam capì o volle capire che era un via libera e fece passare il confine alle sue truppe.

L’IRAN VUOLE CHE LE SANZIONI FACCIANO MALE ANCHE ALL’OCCIDENTE
Fino ad allora gli americani erano tutt’altro che ostili all’Iraq, che si era battuto senza vincere contro l’Iran degli Ayatollah, che nel ’79 avevano sequestrato l’ambasciata Usa di Teheran. Ma a gran parte delle opinioni pubbliche in Europa l’Iran dei pasdaran stava simpatico e Saddam no. Gli americani si adeguarono e gli misero al collo il cartello del cattivo e alla fine lo fecero sloggiare dal Kuwait con le maniere forti. Oggi è l’Iran che potrebbe cadere nell’errore di Saddam e sottovalutare la possibile reazione di americani e alleati. In quasi due anni di presidenza, Trump ha sparato raffiche di cannonate a parole, contro Kim, Maduro, la stessa Teheran, e nemmeno una pallottola vera, neanche di gomma. Però le sanzioni le impone, e fanno male, soprattutto a un paese come l’Iran, precipitato ormai in uno stato pre-venezuelano, con l’inflazione che galoppa e si mangia potere d’acquisto mentre scarseggiano anche i beni di prima necessità. Esportare petrolio è vitale per non affamare la popolazione e magari spingerla alla rivolta contro il regime. E quindi cerca di creare un fronte anti-sanzioni cominciando a rendere complicato il passaggio delle petroliere nello stretto di Hormuz, per far capire ai paesi europei che le sanzioni fanno male anche a loro...

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** Il presente articolo è stato redatto da FinanciaLounge

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