Con il dollaro stabilizzato su livelli relativamente elevati rispetto all’euro, le tre corone nordiche offrono buone opportunità, non necessariamente di tipo speculativo
La Brexit, le elezioni europee di maggio ma anche le politiche più accomodanti della Bce disegnano una fase attuale dei mercati valutari caratterizzata da una volatilità molto bassa e dall’assenza di trend chiari. E’ quindi ancora più difficile del solito utilizzare le monete come una vera e propria asset class con cui migliorare il rendimento dei propri investimenti. Il dollaro si sta stabilizzando su livelli relativamente elevati contro un euro indebolito dalla politica espansiva della Bce, mentre la sterlina è in preda ai sussulti della Brexit. Così è possibile trovare delle buone soluzioni, non necessariamente speculative, soprattutto nelle tre corone nordiche: norvegese, svedese, danese. Certo bisogna avere chiaro in mente anche il tipo di investimento: le prime due sembrano più profittevoli, la terza invece è rivolta a chi ha una visione più conservativa.
IN DIFESA CON LA DANESE, ALL’ATTACCO CON NORVEGIA E SVEZIA
La corona norvegese è infatti supportata dai tassi e gli analisti si aspettano nuovi interventi al rialzo della banca centrale del Paese, la Norges Bank, entro l’anno anche perché la crescita e l’inflazione della Norvegia superano quelle dell’eurozona e a beneficarsi potrebbe essere proprio la divisa di Oslo. “Per quanto riguarda le valute nordiche – ci spiega Alessandro Balsotti, strategist di JCI Capital – ricordiamo che la corona danese ha un cambio controllato e quasi fisso rispetto all’euro: ha oscillato di poco più dello 0.50% negli ultimi 10 anni. Potrebbe al limite essere utilizzata come moneta rifugio in caso di potenziale disgregazione dell’euro, un evento su cui al momento non ha senso fare scelte di investimento. Su entrambe le altre due corone, norvegese e svedese, sono positivo, soprattutto in un’ottica di medio e lungo periodo, perché hanno livelli interessanti di valutazione dopo che negli ultimi anni hanno subito un lento ma significativo indebolimento. I fattori di rischio che vanno tenuti a mente sono la correlazione con il prezzo del petrolio per la norvegese e, per quanto riguarda la svedese, il fatto che quella svedese è un’economia piccola e aperta, vulnerabile a un eventuale rallentamento europeo o globale”...
** Il presente articolo è stato redatto da FinanciaLounge