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Borse in rosso: perché il mercato non si fida di Trump

Pubblicato 14.08.2019, 10:43
© Reuters.
SOGN
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Versione originale di Laura Sánchez – traduzione a cura di Investing.com

Investing.com - Le borse oggi proseguono gli scambi in negativo anche se i mercati (in Europa e negli Stati Uniti) hanno reagito con forza ieri dopo che era noto che gli USA avrebbero ritardato a dicembre parte delle tariffe del 10% imposte alla Cina, come telefoni cellulari, computer portatili e giocattoli, inizialmente previste per il prossimo settembre.

I cattivi dati macroeconomici in Cina (come l'indice della produzione industriale) o il PIL trimestrale della Germania, gettano nuovamente incertezze sulla crescita economica e avvicinano nuovamente il fantasma della recessione.

"Gli operatori dicono che c'è un sacco di scetticismo sulle misure. Ieri c'è stata molta euforia sulle chiusure a breve termine, ma oggi è visto con una prospettiva più calma e in realtà tutto rimane lo stesso, come dimostrano i cattivi dati macro in Cina e in Germania diffusi durante la mattinata", osserva José Luis Cárpatos, CEO di Serenity Markets.

Contraddizioni molto recenti

Una volta tornati alla realtà ribassista dei mercati, ricordiamo che pochi giorni fa, Trump ha dichiarato che il suo paese "non era preparato" per un accordo con la Cina. Ha persino minacciato di annullare la ripresa dei negoziati commerciali a settembre.

Solo ritardi "parziali" delle tariffe

Cárpatos aggiunge che "la misura di Trump, senza dubbio, è un bene per le borse, che hanno disperatamente bisogno di un gesto positivo in mezzo a tanta negatività. Ma se lo analizziamo con freddezza, tutto rimane uguale, la guerra rimane la stessa, il 1° settembre le tariffe salgono a 150.000 milioni mentre si attendono le nuove già decise”.

Anche se entrambe le parti si sono impegnate a parlare di nuovo tra due settimane, gli esperti pensano ancora che la misura di ieri è molto parziale ed è un ‘balzo in avanti’ che continua senza fermare la sfiducia degli investitori.

Infatti, da Serenity Markets indicano una probabilità dello 0% di un accordo commerciale USA-Cina, sia nel breve che nel medio termine. E non si aspettano che si rompano i negoziati, "almeno finché Trump sarà presidente. Una probabilità del 40% è "un accordo parziale, nel giro di pochi mesi, basato su un po' più di acquisti cinesi di prodotti agricoli e su alcune riduzioni tariffarie da parte di Trump”.

Altri istituti come la Société Générale (PA:SOGN) o Rabobank, vedono poche possibilità di concludere un accordo commerciale.

Mercato obbligazionario ignorato

Cárpatos sottolinea inoltre che "le obbligazioni non hanno nemmeno ascoltato le misure annunciate ieri e seguono la via già tracciata in precedenza. La curva dei rendimenti tra 2 e 10 anni ha raggiunto meno di 1 punto di investimento negli Stati Uniti, dimostrando che il mercato quello importante, in fondo, non credeva a significativi cambi. Le misure decise ieri, alla fine, hanno avuto valore solo nel breve”.

Maggiore pressione per le banche centrali e il settore finanziario

Dopo la "tregua" commerciale confermata dallo stesso Trump, il mercato è consapevole della strategia del presidente di continuare a spingere la Federal Reserve (Fed) statunitense ad abbassare i tassi di interesse nella sua prossima riunione di settembre.

Infatti, i future dei fondi Fed prevedono questo taglio di 25 punti base al 100% e portano la probabilità di un calo di 50 punti base al 50% (dal 32% di lunedì).

Si tratta di un nuovo colpo per il settore bancario, che si riflette nell'indice settoriale dei prezzi in Europa, con cali superiori all'1%.

Per quanto riguarda la Banca centrale europea (BCE), come spiegato in Renta 4, "il deterioramento dei dati macroeconomici sta portando il mercato a scontare più probabilmente misure aggiuntive da parte delle banche centrali. Il consenso è passato dall'attualizzare con una probabilità del 15% un tasso sui depositi ridotto a -0,6% (contro il -0,4% attuale) nella prossima riunione della BCE, al 42% in una sola settimana. E con un occhio di riguardo all'annuncio di una possibile escalation che minimizzi l'impatto negativo sul margine finanziario del settore bancario”.

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