30 anni di tempo per riconvertirsi.
La Danimarca si è posta un traguardo ambizioso con la decisione di mettere fine a tutte le attività offshore di petrolio e gas nel Mare del Nord entro il 2050.
Il Paese ha dunque annullato la sua ultima tornata di licenze, sostenendo la necessità di chiudere l'era dei combustibili fossili.
Dice Dan Jørgensen, Ministro del clima, dell'energia e dei servizi pubblici: "La Danimarca deve essere un esempio verde e uno dei modi per riuscirci è quello di porre fine all'estrazione del petrolio, nonostante il Paese sia il più grande produttore di petrolio d'Europa. Se ci fermassimo prima del 2050, il prezzo che pagheremmo sarebbe molto più alto e maggiore sarebbe anche l'impatto sul clima".
Da maggiore produttore in Europa - se non si contano Norvegia e Regno Unito, al di fuori dell'Unione - la Danimarca conta 20 giacimenti tra petrolio e gas e 55 piattaforme di perforazione.
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Secondo le stime del governo, quest'anno il Paese dovrebbe pompare un po' più di 100.000 barili di petrolio greggio ed equivalenti al giorno. Non tanto in senso assoluto, ma una produzione in ogni caso notevole.
"Sono un po' seccato e preoccupato perché la grande riorganizzazione verde in atto nell'industria petrolifera e del gas in Danimarca, che vogliamo perseguire e per la quale vogliamo essere un paese pioniere (un processo di cui beneficia anche l'industria eolica), rischia di fermarsi o anche di scomparire, se non continuiamo nel Mare del Nord", ha commentato il manager della compagnia North Sea Denmark.
Sul fronte opposto, Greenpeace l'ha definita invece "una decisione storica in previsione della necessaria eliminazione dei combustibili fossili e un'enorme vittoria del movimento per il clima".