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Fed: pausa hawkish in attesa di un altro rialzo. I commenti degli analisti

Pubblicato 21.09.2023 10:27
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© Reuters

Come pronosticato dagli analisti, la Federal Reserve si è presa una pausa nella politica di stretta monetaria. Al termine della riunione del 20 settembre, il Federal Open Market Committee della Banca centrale americana ha deciso di non rialzare i tassi d’interesse, lasciandoli invariati in una forchetta compresa fra il 5,25% e il 5,50%.

Tuttavia, il presidente della Federal Reserve, Jerome Powell, intervenuto a fine meeting, non ha escluso ulteriori rialzi dei tassi entro la fine dell’anno. All’interno del Board “in 7 si sono schierati per nessun rialzo da qui a fine anno mentre in 12 hanno sostenuto un ulteriore rialtro rialzo entro la fine del 2023”, ha precisato Powell.

Adesso, dunque, l’attenzione è spostata sulle decisioni che la Fed prenderà, in base a ciò che suggeriranno i dati economici, nelle prossime riunioni di novembre e dicembre.

Per cercare di capire come reagiranno economia e mercati alla pausa della banca centrale americana e prevedere cosa ci aspetta da qui a fine anno, Investing.com ha raccolte le opinioni di analisti finanziari e gestori di fondi d’investimento.

Richard Flax, chief investment officer di Moneyfarm

Nel corso del meeting di ieri, la Fed ha deciso per la seconda volta in un anno di lasciare i tassi d’interesse invariati. Questo stop alla sua politica monetaria restrittiva, giunta al culmine con i dieci rialzi consecutivi decisi tra marzo 2022 e maggio 2023, era stato ampiamente previsto dai mercati, che fino a ieri stimavano solo l’1% di probabilità di un nuovo aumento dei tassi.

Come dichiarato dallo stesso Powell, la strategia della Fed è ora quella di lasciar passare del tempo per poter quantificare l’impatto effettivo sull’economia della stretta monetaria, prima di decidere come proseguire la battaglia contro l’inflazione verso l’obiettivo del 2%, senza però chiudere la porta a futuri rialzi dei tassi, anche entro la fine dell’anno.

Questa posizione “attendista” consentirà alla Fed di guadagnare altre sei settimane per poter trarre le sue conclusioni prima del meeting di novembre. Nel frattempo, l’interesse dei commentatori si concentra sui report trimestrali su indicatori chiave come tassi d’interesse, PIL, inflazione e disoccupazione.

Jim Cielinski, responsabile globale del reddito fisso di Janus Henderson

Avendo imparato la dolorosa lezione dalla generazione passata, ovvero quella di un'inversione di rotta troppo precoce, il presidente della Fed Jay Powell ha ribadito che un ulteriore rialzo dei tassi rimane sul tavolo se il percorso di discesa dell'inflazione non dovesse soddisfare le aspettative della banca centrale.

Riteniamo che questo sia un ulteriore passo avanti nella strategia ben comunicata della Fed, che privilegia la gradualità e l'analisi dei dati economici di riunione in riunione. È importante che la Fed continui a valutare la totalità dei dati quando prende le sue decisioni.

Sebbene siano stati compiuti progressi sull'inflazione complessiva - e anche su quella di fondo - i fattori di rischio più elevati costringono la Fed a rimanere cauta.

La resilienza forse sorprendente dell'economia statunitense è evidente nel fatto che la Fed ha modificato nel corso delle ultime tre riunioni la sua valutazione della crescita da "modesta" a "moderata" e ora a "solida". Sebbene ciò avvalori l'idea che l'inafferrabile atterraggio morbido possa essere possibile in questo ciclo, è probabile che i falchi non si adagino sugli allori.

Non crediamo che esista un vero e proprio campo “dovish” nell’attuale composizione dei membri votanti della Fed. Tuttavia, il gruppo centrista può indicare che le aspettative di inflazione core per il 2023 sono state corrette al ribasso al 3,7% (dal 3,9%) come prova che i tagli esistenti stanno facendo il loro corso nel sistema e che è necessario più tempo per ulteriori progressi. Per questo motivo riteniamo che la tattica della Fed di “lasciar perdere” sia un compromesso prudente tra i due schieramenti.

L’aggiornamento del SEP (documento di previsione economica) riflette la riluttanza della Fed a dare il “via libera”. In generale, la valutazione economica aggiornata della Fed riflette una crescita costante e la necessità di mantenere i tassi elevati più a lungo. Pur prevedendo ancora un ulteriore rialzo nel 2023 (mentre il mercato non lo prevede), la banca centrale ha ridotto di due punti percentuali il numero di tagli di 25 punti base che prevede saranno necessari nel 2024 e nel 2025, con il tasso sui fed funds che dovrebbe ora terminare questi anni rispettivamente al 5,1% e al 3,9%.

Per quanto riguarda i mercati obbligazionari, i mercati sono per loro natura orientati al futuro e l’anticipazione dei punti di svolta nei regimi dei tassi e nel ciclo economico offre l’opportunità di raccogliere rendimenti in eccesso. Non siamo ancora a questo punto. Riteniamo che ci siano troppe variabili in gioco, tra cui la continua rigidità del mercato del lavoro e i notevoli rischi geopolitici.

Come si evince dal rendimento del Treasury a 2 anni, che si attesta al di sopra del 5,0%, il mercato ha fatto i conti con una Fed che si è concentrata sul tentativo di porre fine a questa fase di inflazione. Ma con la probabile fine dei rialzi all’orizzonte, le obbligazioni a breve scadenza presentano interessanti opportunità di rendimento che non esistevano due anni fa. Gli investitori non avranno bisogno di un cambio di rotta per generare rendimenti in questi punti della curva, poiché riteniamo che “elevati più a lungo”, indipendentemente dal livello finale, rimarrà all’ordine del giorno.

Nell’ambito del credito, gli strumenti cartolarizzati – come i titoli garantiti da attività, i titoli garantiti da ipoteca e i prestiti – hanno scontato un maggiore indebolimento economico rispetto ai crediti societari e, di conseguenza, possono apparire a prezzi interessanti nel caso in cui si materializzi un atterraggio morbido, o persino una recessione poco profonda.

Martina Daga, junior macro economist, AcomeA SGR

Durante il meeting di politica monetaria di ieri la Fed ha deciso all’unanimità di mantenere il target range dei fed funds fermo, pari al 5.25% - 5.50%. Una pausa nel ciclo dei rialzi era nelle attese del mercato, in parte era stata anticipata dal tono delle ultime dichiarazioni dei membri del board e giustificata dai dati: Powell ha indicato come i dati sull’inflazione degli ultimi tre mesi siano molto incoraggianti, la ripresa dei costi energetici del mese di agosto per il momento non preoccupa il board della Fed in quanto la componente core non è stata impattata. Inoltre, gli ultimi dati sul mercato del lavoro mostrano un ribilanciamento tra domanda e offerta, con un favorevole aumento del tasso di partecipazione nel mese di agosto (pari al 62.8% rispetto al 62.6% dove era fermo da 5 mesi), e il numero di nuove offerte di lavoro per ciascun disoccupato in calo, nonostante rimanga notevolmente sopra il livello pre-pandemico. È tuttavia da considerare la sostenuta crescita economica: il FOMC ha voluto porre l’attenzione su questo elemento definendola nello statement di settembre “solid” piuttosto che “modest” come a luglio. Questo pone dubbi sul fatto che l’inflazione possa convergere stabilmente verso il target.

È chiaro che la decisione di fermarsi a questo meeting non escluda altri rialzi nei prossimi mesi, e la ragione per cui è preferibile aspettare è che siamo vicini al terminal rate, il cui livello non è ancora chiaro. In questo momento i rischi di fare troppo piuttosto che troppo poco sono bilanciati, pertanto, in questa situazione è necessario muoversi con estrema cautela.

Dalle proiezioni macroeconomiche vediamo come i membri del FOMC si aspettino un’economia più resiliente, rispetto alle proiezioni di giugno. Ciò richiede una stance di politica monetaria più restrittiva per riportare l’inflazione al target del 2%. La crescita del Pil è stata infatti rivista sostanzialmente al rialzo sia per il 2023 sia per il 2024, il tasso di disoccupazione è stato rivisto al ribasso, alla luce dell’attuale situazione del mercato del lavoro. Di fronte a questo scenario, il livello di inflazione è stato rivisto solo lievemente al rialzo per il 2023. Secondo le proiezioni, tuttavia, questo non dovrebbe toccare la parte meno volatile dell’inflazione, infatti, core è prevista ora al 3.7%, rispetto al 3.9% atteso a giugno. Si spiega così la revisione dei tagli per il futuro: di fronte ad un’economia più resiliente delle attese è necessario tenere, come dicevamo, una stance di politica monetaria restrittiva più a lungo. L’attenzione è infatti puntata sui dot plot, le proiezioni dei membri del FOMC del Fed Fund Rate, che mostrano come il terminal rate mediano sia rimasto invariato rispetto alle proiezioni di giugno, lasciando quindi la porta aperta ad un altro aumento entro fine anno.

La mediana per il 2024 è rimasta stabile, tuttavia guardando la distribuzione, è evidente che ora il board sia più concorde, infatti, nessuno dei membri del board ha espresso la preferenza per un livello dei tassi più alto rispetto al 5.60%. Higher for Longer è il messaggio principale dei dots, infatti se a giugno erano previsti 100 bp di tagli nel 2024, ora solo 50 bp, 120 bp per il 2025 e altri 100 bp nel 2026, quando tuttavia il livello dei tassi è previsto ancora maggiore rispetto a quello di lungo periodo. Le proiezioni per il 2026, le prime per questo anno, mostrano che si dovrebbe raggiungere il livello di equilibrio di crescita, disoccupazione e crescita dei prezzi, tuttavia ancora con un livello dei tassi più alto del livello di lungo periodo.

Kurt Schappelwein, head of Multi asset strategies, Raiffeisen Capital Management

Dopo i forti rialzi dei tassi d’interesse da parte delle banche centrali seguono generalmente fasi di mercato in cui sia le azioni sia i rendimenti dei titoli di Stato scendono. Il fattore scatenante di questi sviluppi è un rallentamento dell’economia che può andare fino alla recessione, con i relativi effetti sugli utili aziendali (in calo) e sull’inflazione (in calo). Il rallentamento dell’economia viene accettato, se non addirittura perseguito, dalle banche centrali, in quanto l’obiettivo è quello di ridurre le pressioni inflazionistiche dal lato della domanda. Fin qui la teoria.

Negli ultimi due anni abbiamo visto il più forte aumento dell’inflazione da decenni a questa parte. Questo ha portato a un aumento dei tassi d’interesse, che non ha precedenti nella vita lavorativa della maggior parte degli operatori di mercato, dato che bisogna andare indietro agli anni ’80 per vedere qualcosa di simile. Soltanto che gli effetti sopra descritti finora non si sono materializzati. Il mercato azionario USA nonché i rendimenti dei titoli di Stato USA sono vicini ai loro massimi di lungo periodo e l’economia USA continua a sorprendere in positivo.

L’impatto della politica monetaria sull’economia si presenta con un certo ritardo, anche fino a un anno dopo rispetto al momento in cui la banca centrale alza i tassi di interesse. In questo senso, i rialzi dei tassi d’interesse del 2023 non hanno ancora mostrato del tutto il loro effetto frenante sull'economia.

Ci sono inoltre dei fattori che contrastano in parte gli sforzi della politica monetaria. Qui bisogna citare la politica fiscale espansiva di molti paesi.

Infine, dovrebbero esserci ancora delle ripercussioni dovute alla pandemia, in particolare sul turismo e altri settori riconducibili ai servizi. Tuttavia, questi effetti tenderanno ad esaurirsi, mentre le banche centrali manterranno alti i tassi d’interesse ancora per un po’ di tempo, fino a quando non emergeranno pienamente gli effetti desiderati.

In sintesi, “Ciò che è rimandato non è cancellato” appare quindi più appropriato per quanto riguarda il rallentamento dell’economia, il calo delle azioni e la diminuzione dei rendimenti obbligazionari. Perché, a differenza dell’arrivo di Godot, il verificarsi di questi sviluppi è solo una questione di tempo.

Potete iscrivervi gratuitamente al prossimo webinar del 21 settembre " Primi passi nell'analisi tecnica (Parte 3)" a QUESTO LINK.

Alvaro Sanmartin, chief economist Amchor IS

La Fed ha deciso di mantenere fermi i tassi di interesse e si è ridotto il numero dei membri del FOMC che prevedono un ulteriore rialzo dei tassi quest'anno. Per giustificare questa pausa, la Fed ha sottolineato che vede segnali di un migliore equilibrio tra domanda e offerta, con prezzi e salari sottostanti in moderazione e aspettative di inflazione ben ancorate. In relazione a quanto sopra, Powell ha affermato esplicitamente in conferenza stampa di ritenere di essere vicino al punto in cui voleva arrivare in termini di rialzi dei tassi.

Allo stesso tempo, il numero di tagli dei tassi previsti per il 2024 si riduce significativamente: il tasso di interesse previsto alla fine del prossimo anno passa dal 4,6% al 5,1% e questo nuovo tasso è compatibile con due tagli dei tassi o forse uno solo se non ci saranno altri rialzi dei tassi nel 2023.

Per giustificare il fatto che i tassi resteranno più alti più a lungo rispetto a quanto la Fed si aspettasse in precedenza, e oltre a sottolineare che i rischi di inflazione sono ancora più al rialzo che al ribasso, le nuove previsioni alzano le prospettive di crescita e abbassano quelle di disoccupazione, che ora raggiungerebbe il picco del 4,1% invece del 4,5% previsto in precedenza. Questi nuovi dati della Fed sono chiaramente compatibili con uno scenario di atterraggio morbido, anche se Powell non ha osato dire che l'atterraggio morbido è lo scenario centrale, ha detto che tale scenario è possibile e che l'obiettivo è raggiungerlo.

Powell ha ammesso che il tasso neutro potrebbe essere più alto di quanto attualmente stimato, ma ha anche affermato che è molto difficile saperlo con certezza in questa fase.

Analizzando quanto accaduto, le cose sono andate un po' come ci si aspettava. Probabilmente la Fed ha già raggiunto il picco dei tassi, ma la tenuta dell'economia ci induce a credere che i tassi di interesse impiegheranno molto tempo a scendere. Per il resto, continuiamo a pensare che nei prossimi 6-9 mesi assisteremo a revisioni al rialzo delle stime sui tassi neutrali. Guardando ai mercati, è possibile che la significativa riduzione del numero di tagli dei tassi previsti per l'anno prossimo si faccia sentire, soprattutto sul fronte della crescita, in quanto esercita una pressione al ribasso sui multipli. Tuttavia, nella misura in cui questi tassi più alti per un periodo più lungo sono spiegati da un'economia più forte del previsto, non pensiamo che ci saranno correzioni eccessive negli asset di rischio (anche nel credito). Per quanto riguarda le curve dei rendimenti, non mi aspetto grandi movimenti, anche se nella parte media e lunga della curva vedo ancora curve di rischio leggermente più alte che basse.

Fed: pausa hawkish in attesa di un altro rialzo. I commenti degli analisti
 

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Commenti (3)
Gil Bb
Gil Bb 21.09.2023 14:53
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suggerisco un TSO al sig. Powell.. p.f. girategli il messaggio ;)
Enrico Bertuccioli
Enrico Bertuccioli 21.09.2023 11:59
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la peggior amministrazione degli ultimi 30 anni speriamo se ne vadano il prima possibile stanno tirando giu l'economia in poche mosse
Gil Bb
Gil Bb 21.09.2023 11:59
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teniamo duro... prima o poi cambierà il timoniere
Stefano Meneghetti
Stefano Meneghetti 21.09.2023 11:27
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Bene👍
 
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