Di Alessandro Albano
Investing.com - L'inflazione dei prezzi al consumo negli Stati Uniti si sta comportando come nei momenti successivi alla Grande Recessione del 2008, aumentando la pressione sul meeting di questa settimana della Federal Reserve per una revisione degli stimoli monetari prima di quanto previsto, con diversi membri del comitato esecutivo che hanno già affermato di voler remare su questa direzione.
Tuttavia, per il Marriner S.Eccles Building, l'aumento dei prezzi è "transitorio" e dovuto alla forte ripresa che l'economia sta attraversando dopo circa un anno di contesto deflazionistico e di crescita negativa. In più di un occasione, il governatore Jerome Powell ha rimarcato che la Fed non cambierà approccio finché non sarà raggiunto l'obiettivo di "piena occupazione" anche a a discapito di un inflazione "oltre il 2% per un pò di tempo".
Nel nuovo "Global Markets Views", Goldman Sachs (NYSE:GS) afferma che anche se l'inflazione è "temporaneamente alta, difficilmente farà deragliare la ripresa del mercato", con l'attenzione degli investitori che "si è spostata sui rischi derivanti dall'aumento dei prezzi".
I costi sono infatti aumentati in molti settori, con molte aziende che segnalano ritardi nella consegne e un aumento dei salari di fascia bassa, ma "la preoccupazione che l'aumento dell'inflazione possa far deragliare la ripresa del mercato o portare a rendimenti obbligazionari nettamente più alti è probabilmente fuori luogo", spiega la banca d'affari.
"L'economia statunitense sta vivendo una sorta di shock dell'offerta: rispetto alle aspettative, la capacità produttiva di breve periodo è più ridotta del previsto, con conseguente riduzione dell'attività reale e aumento dell'inflazione".
I primi effetti della carenza di offerta, precisa Goldman, sono "un livello di prezzi più elevato per i beni e servizi", ed è possibile che questi aumenti "persistano per almeno diversi mese". "Ma affinché lo shock dell'offerta abbia un effetto permanente sul tasso di inflazione, l'aumento dei prezzi dovrebbe essere incorporato nelle aspettative di inflazione, e le modifiche strutturali alle norme di fissazione dei prezzi nell'economia non avvengono dall'oggi al domani".
Per la banca statunitense, tuttavia, ci sono dei "rischi di coda" di un'inflazione "significativamente più alta" nel medio termine e questo "potrebbe spingere il ruolo delle riserve di valore come l'oro o bitcoin".
La questione di un'inflazione elevata nel prossimo anno, seguita da un graduale ritorno alla normalità, secondo la banca "è sostanzialmente scontata", con i portafogli che invece dovrebbero ruotare "intorno alla produzione in costante aumento piuttosto che all'accelerazione dell'inflazione".
Secondo l'analisi, la Fed "resterà paziente nonostante le pressioni sui prezzi", e per i mercati finanziari gli effetti di una maggiore inflazione "dipendono da come le banche centrali scelgono di rispondere".
"Ad esempio - spiegano gli esperti - se l'aumento dell'inflazione negli Stati Uniti induce la Federal Reserve a inasprire la politica prima del previsto, il dollaro potrebbe apprezzarsi, ma se la Fed sceglie di guardare oltre un'inflazione più elevata, consentendo ai tassi di interesse reali di scendere, il dollaro probabilmente diminuirà".
Goldman Sachs punta sul fatto che un'inflazione sui livelli mostrati in aprile e maggio "non si tradurrà in un cambiamento significativo della politica", in quanto aumento dei prezzi e dei salari riflette "principalmente fattori temporanei legati alla pandemia e al processo di riapertura".
Inoltre, ci sono anche alcuni meccanismi di uscita dal QE che la Fed deve svolgere prima di un aumento dei tassi. "Anche se la ripresa del mercato del lavoro accelera rapidamente da qui, il processo di chiusura del QE significa il primo rialzo dei tassi sarebbe probabilmente ancora tra almeno 15 mesi", sottolinea lo studio. "Di conseguenza - conclude la banca d'affari - i mercati trarranno beneficio da una Fed paziente nonostante la recente pressione sui prezzi".