Di Alessandro Albano
Investing.com - L'inflazione degli Stati Uniti è salita ai massimi da 30 anni, trainata da un'impennata dei prezzi dei beni durevoli e dai costi energetici, con gli investitori che ora si chiedono per quanto tempo dovranno fare i conti con l'attuale fase dei prezzi e come si muoveranno le banche centrali sui tassi d'interesse.
Sia la Fed che la BCE hanno cambiato il linguaggio nei confronti del problema inflazionistico, affermando che resterà elevata "più a lungo del previsto", che prima di una sua normalizzazione ci sarà un nuovo picco. Tuttavia, l'aggettivo "transitorio" continua a rimanere ben saldo nelle parole dei funzionari.
Tre domande sull'inflazione
Nell'ultimo "Inflation Outlook 2022", Goldman Sachs (NYSE:GS) pone tre domande per il 2022. La prima, e forse la più importante per le prospettive di inflazione, è se gli squilibri tra domanda e offerta si modereranno abbastanza da consentire ai prezzi di normalizzarsi.
Secondo Goldman, le interruzioni delle supply chain globali "verranno gradualmente superate" e la domanda di beni si modererà "man mano che la spesa per i servizi si riprenderà", con i prezzi elevati che dovrebbero sgonfiarsi. Questo processo, secondo gli analisti avverrà "entro la seconda metà del prossimo anno" ma potrebbe estendersi "fino al 2023".
La seconda domanda è se la spirale dei salari si raffredderà una volta terminati i programmi dei vari governi sui sussidi di disoccupazione. Nell'ultimo semestre, spiegano dalla banca d'investimento, la carenza di manodopera ha spinto la crescita dei salari a un ritmo annualizzato del 5-6% negli States che, se sostenuto, "sarebbe probabilmente incompatibile con un'inflazione del 2%".
La terza domanda chiave è come l'inflazione osservata sul mercato degli affitti entrerà nel mercato immobiliare. Le misure alternative per gli affitti sono già aumentate, viene precisato, e prevediamo che la ripresa del mercato del lavoro e gli effetti di ricaduta del boom dei prezzi delle case "spingeranno l'indicatore sopra il 4,5% entro la fine del 2022".
Una crescita più rapida di salari e affitti dovrebbe fornire una pressione inflazionistica "più persistente nei prossimi anni, mantenendo l'inflazione di fondo moderatamente al di sopra del 2% in questo ciclo", al di sopra del ritmo osservato nell'ultimo ciclo e "in linea con l'obiettivo della Fed nel suo nuovo quadro".
Goldman prevede che il PCE e l'IPC resteranno "piuttosto elevati per gran parte del prossimo anno", con l'indice delle spese personali al 4,4% alla fine del 2021, al 2,3% alla fine del 2022 e al 2,1% alla fine del 2023.
Aumento tassi prima del previsto
Con una crescita globale prevista al 4,5% nel 2022, secondo Goldman Sachs ci sarà un rialzo dei Fed Funds "ogni sei mesi", un ritmo "relativamente graduale che presuppone una normalizzazione dei prezzi delle merci e dell'inflazione complessiva".
Quando inizieranno i rialzi della Fed, alcune economie avanzate (compresi Regno Unito e Canada) dovrebbero essere "a buon punto nel processo di normalizzazione dei tassi di interesse e alcune economie dell'America Latina e dell'Europa orientale potrebbero già avvicinarsi alla fine". Al contrario, la banca centrale australiana saranno "ancora lontane dall'aumento dei tassi", ma i mercati "sembrano aver superato le aspettative di un'imminente svolta hawkish".
"Prevediamo che i tassi nominali nella maggior parte delle economie avanzate saliranno ben oltre i livelli minimi quotati ora sul mercato obbligazionario", con l'inflazione che "dovrebbe stabilizzarsi in media di mezzo punto percentuali al di sopra del livello pre-pandemia, in parte per il cambio dei target delle banche centrali".