Investing.com - I futures del greggio restano ai massimi della seduta questo lunedì, dopo che l’OPEC ha tagliato le previsioni di crescita per le scorte mondiali nel 2015, poiché gli impianti di trivellazione statunitensi hanno ridotto i livelli si produzione per via del calo dei prezzi.
Nel report mensile rilasciato quest’oggi l’OPEC ha abbassato le previsioni di produzione per i paesi non memnbri dell’OPEC di 420.000 barili al giorno, con in testa il calo di 170.000 barili al giorno negli USA.
Nel report dell’OPEC si legge che “i principali fattori per una crescita minore nel 2015 sono le aspettative sui prezzi, un calo degli impianti di trivellazione in Nord America, un calo delle autorizzazioni alle trivellazioni negli USA ed una riduzione nei piani di spesa delle compagnie internazionali”.
L’OPEC ha alzato le previsioni per la domanda a 29,2 milioni di barili al giorno nel 2015, in salita di 400.000 barili dalla stima precedente.
Sul New York Mercantile Exchange, il greggio con consegna a marzo ha visto un’impennata del 2,98%, o di 1,59 dollari, al massimo della seduta di 53,28 dollari al barile, per poi attestarsi a 51,82 dollari negli scambi della mattinata statunitense, in salita di 85 centesimi, o dell’1,65%.
Venerdì, i futures del greggio scambiati sulla borsa di New York hanno subito un’impennata di 1,21 dollari, o del 2,4%, a 51,69 dollari al barile dopo che l’agenzia di ricerche di settore Baker Hughes ha dichiarato che il numero degli impianti di trivellazione negli Stati Uniti è diminuito di 87 unità la scorsa settimana a 1.136 unità, il minimo dal dicembre 2011.
Il numero degli impianti è sceso in 14 delle ultime 17 settimane dopo aver toccato il massimo storico di 1.609 a metà ottobre.
Nelle ultime due settimane, i futures del greggio West Texas Intermediate sono saliti di quasi il 18%, ma il prezzo è sceso del 52% rispetto al massimo di 107,50 dollari segnato a giugno.
I futures del greggio scambiati sulla borsa di New York sono schizzati di 4,10 dollari, o del 7,15% la scorsa settimana, il secondo aumento settimanale consecutivo ed il maggiore dal febbraio 2011, tra i segnali che i produttori statunitensi potrebbero ridurre la produzione per reagire al calo dei prezzi.
Sull’ICE Futures Exchange di Londra, il greggio Brent con consegna ad aprile è salito di 52 centesimi, o dello 0,89%, a 59,20 dollari al barile, dopo l’impennata di 1,22 dollari, o del 2,03%, al massimo giornaliero di 59,90 dollari.
Venerdì, il greggio Brent scambiato sulla borsa di Londra è schizzato di 1,17 dollari, o del 2,03%, a 58,68 dollari.
La scorsa settimana, il contratto del greggio Brent con consegna ad aprile ha subito un’impennata di 6,00 dollari, o del 9,08%, il secondo rialzo settimanale consecutivo ed il maggiore dal 2011, dal momento che gli investitori sono convinti che dopo il crollo durato sette mesi il prezzo abbia raggiunto il fondo.
Nelle ultime due settimane, il prezzo del greggio Brent scambiato sulla borsa di Londra è andato alle stelle, segnando un aumento complessivo del 17%, il maggiore aumento su due settimane dal 1998. Tuttavia, il prezzo risulta in calo di circa il 50% da giugno, quando i futures hanno raggiunto i 116 dollari al barile.
Il prezzo del greggio è crollato negli ultimi mesi per via della decisione dell’Organizzazione dei Paesi Esportatori di petrolio di non tagliare la produzione, mentre negli Stati Uniti si è registrata la produzione più alta degli ultimi tre decenni, causando un eccesso delle scorte globali.