Investing.com - E se la doccia fredda per la Fed e per i mercati fosse appena cominciata? A porsi la domanda, e a dare una risposta affermatica, è Sonal Desai, Franklin Templeton Fixed Income Chief Investment Officer, secondo il quale le prossime mosse della Fed poggiano su due ipotesi traballanti e per
questo rischiano di non avere l'effetto sperato sull'inflazione.
L'esperto sottolinea come l'inflazione Usa sia ai massimi degli ultimi 40 anni, eppure la Fed spera ancora di poterla affrontare portando il tasso di riferimento vicino al 3% senza bisogno di strette brusche in stile Paul Volcker. Ma secondo Desai questa idea poggia le basi su due presupposti sbagliati.
Il primo riguarda il tasso d'interesse neutrale, ovvero il tasso al quale la politica monetaria non sarebbe né espansiva né restrittiva, con l’inflazione pari all’obiettivo del 2% della Fed e l’economia in condizioni di piena occupazione. La Fed è convinta che si collochi tra il 2 e il 3%, dunque al netto dell'inflazione il tasso neutrale reale sarebbe tra 0 e 1%.
Desai, però, cita gli economisti Thomas Laubach e John C. Williams per ricordare come tale tasso (0-1%) sia subentrato dopo la crisi finanziaria del 2007-2009, mentre prima il il tasso d’interesse neutrale reale era attestato intorno al 2,5%. Ora i dati vedono la produttività Usa in ripresa, inoltre, sottolinea l'esperto di Franklin Templeton, con la fine del quantitative easing la domanda di asset relativamente sicuri diminuirà.
Di conseguenza, il tasso d’interesse neutrale reale potrebbe essere nettamente più alto di quanto ipotizzato dalla Fed, più vicino a un intervallo del 2-3% che dello 0-1%. Una volta che l’inflazione sarà riscesa al 2%, il tasso d’interesse neutrale nominale dovrebbe collocarsi in una forbice del 4-5%, non del 2-3% come quella a cui punta la Fed&, argomenta Desai.
Secondo l'esperto, l'attuale problema dell'inflazione è dovuto al fatto che la Fed ha mantenuto una politica monetaria troppo espansiva per troppo tempo, mentre l'economia americana riprendeva slancio sostenuta dallo stimolo fiscale. E qui arriva la seconda "ipotesi traballata" rilevata da Desai, che riguarda la mancanza di segnali di una spirale prezzi-salari.
Nella view della fed, una volta esauriti gli shock esogeni i prezzi tornerebbe a crescere a un ritmo "normale". Ma l'idea di Desai è che si stia andando in direzione opposta: anche se non hanno tenuto il passo con l’aumento dell’inflazione, i salari fanno registrare una crescita del 4-5%, la più sostenuta degli
ultimi 40 anni.
Le imprese si confrontano con persistenti carenze di personale in un mercato del lavoro estremamente teso, i neoassunti possono assicurarsi così premi salariali consistenti. Le aziende, a loro volta, rispondono all’aumento dei costi del lavoro e dei fattori produttivi esercitando il loro pricing power in modo più aggressivo". Nella view di Sonal Desai l'inflazione, su un orizzonte di tre anni, potrebbe collocarsi intorno al 4%.
In altre parole, la scomparsa degli shock dell’offerta non sarà sufficiente a riportare l’inflazione al 2%. I mercati finanziari si aspettano già un ciclo di rialzi dei tassi moderato e breve. Nelle loro previsioni, non appena la crescita economica perderà slancio, la Fed attuerà velocemente un nuovo allentamento, seguendo il copione degli ultimi decenni, spiega l'esperto.
Secondo Sonai, la Fed "deve attuare una stretta decisa sia perché il tasso d’interesse di equilibrio è molto probabilmente più alto di quanto non pensi, sia perché il tasso di riferimento dovrà salire oltre questo livello per riportare l’inflazione e le relative aspettative in linea con il target". In caso contrario, l'unica strada percorribile per assicurare la stabilità dei prezzi sarebbe quella di provocare una profonda recessione.
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