A cura di Alessio Garzone, Senior analyst di Gamma Capital Markets
Eccoci al gran momento: dicembre è qui, e con lui la Federal Reserve che si prepara a chiudere l’anno con stile. I mercati sono già in fermento, come se avessero ricevuto un invito a un party esclusivo dove il taglio dei tassi è l’ospite d’onore. Certo, la Fed non ama fare passi falsi, e il suo motto sembra essere “agire con calma, ma agire”. Powell e il suo team sembrano pronti a dare un’ultima spinta all’economia prima di prendersi una pausa strategica. Ma non aspettiamoci spettacoli pirotecnici: il tono sarà probabilmente quello del “facciamo quel che serve, ma senza esagerare”. E dopo dicembre? La Fed potrebbe prendersi una pausa, magari per godersi il Natale senza troppe pressioni: gennaio potrebbe essere il momento di rimettere i piedi per terra.
Passiamo ora ai fatti. I commenti dei funzionari della Fed nell’ultima settimana hanno confermato che un taglio di 25 punti base è sul tavolo. Christopher Waller, governatore della Federal Reserve, ha dichiarato che la decisione dipenderà da eventuali dati “sorprendenti”, ma che l’attuale quadro macroeconomico supporta un ulteriore allentamento. Questo messaggio è stato rafforzato dalle parole di Jerome Powell, che ha adottato un approccio più bilanciato. Pur sottolineando che “l’economia americana è in ottima forma”, Powell ha anche accennato alla possibilità di rallentare i ritmi, cercando quella famosa “neutralità” che piace tanto ai banchieri centrali.
E poi c’è la BCE, che guarda tutto questo con l’aria di chi deve salvare la festa: un nuovo taglio dei tassi è praticamente certo, e Lagarde sembra pronta a tirar fuori il suo tono più accomodante per cercare di rassicurare tutti. Ma la domanda resta: sarà sufficiente abbassare i tassi di altri 25 punti base per tenere tutto sotto controllo? O l’eurozona rischia di trovarsi con più cerotti che soluzioni? Per ora, Francia, Germania e BCE sono tutte sulla stessa barca… anche se l’acqua comincia a entrare.
La crisi francese arriva in un momento delicato per l’eurozona, con la BCE pronta ad abbassare i tassi per sostenere un’economia in rallentamento. Tuttavia, l’instabilità in uno dei Paesi principali dell’UE potrebbe complicare ulteriormente le prospettive economiche. La Francia rappresenta il 19% del PIL dell’Eurozona, quindi qualsiasi ritardo o incertezza politica potrebbe avere ripercussioni significative sulla regione, in particolare sul sentiment degli investitori e sulle politiche fiscali congiunte.
La crisi politica in Francia non è solo un evento nazionale, ma un rischio sistemico per l’eurozona. La capacità del presidente Macron di risolvere rapidamente la situazione sarà cruciale per mantenere la stabilità politica ed economica. Tuttavia, il rischio di un blocco legislativo e di un consolidamento fiscale inefficace rimane alto. Questo scenario potrebbe ulteriormente rallentare la ripresa economica della Francia e avere un impatto negativo sulla fiducia dei mercati nella capacità dell’Eurozona di gestire una crisi complessa.
L’economia tedesca continua a mostrare segnali di debolezza strutturale. La produzione industriale è scesa dell’1% a ottobre rispetto al mese precedente, mentre gli ordini manifatturieri hanno registrato un calo dell’1,5%, evidenziando una domanda ancora debole. I settori energetico e delle costruzioni hanno subito cali particolarmente gravi, con una diminuzione rispettivamente dell’8,9% e dello 0,3%.
Questi dati indicano che la Germania sta affrontando problemi strutturali, non solo ciclici. L’indebolimento della domanda globale, soprattutto dalla Cina, e i persistenti costi energetici elevati stanno penalizzando il settore manifatturiero, che rappresenta circa il 25% del PIL tedesco.
Gli indicatori di fiducia, come il PMI manifatturiero e l’indice Ifo, continuano a segnalare pessimismo, suggerendo che non ci saranno miglioramenti significativi nel breve termine. Con un PIL atteso in crescita marginale dello 0,1% nel quarto trimestre 2024, le prospettive per il 2025 rimangono cupe, con una previsione di crescita dello 0,4%, rivista al ribasso rispetto allo 0,8% precedente.
La Germania si trova di fronte a una sfida senza precedenti per il suo settore industriale, che è sempre stato il pilastro della sua economia. I problemi strutturali, combinati con le difficoltà cicliche globali, stanno rallentando la ripresa e aumentando il rischio di stagnazione economica. Per tornare a crescere, la Germania dovrà investire in innovazione, diversificazione delle esportazioni e transizione energetica, affrontando al contempo i costi elevati che penalizzano la sua competitività. Nel frattempo, la debolezza dell’’industria tedesca rappresenta un rischio significativo per l’intera eurozona.
La Banca Centrale Europea sembra pronta ad abbassare i tassi di interesse di 25 punti base nella riunione del 12 dicembre, unendo il Consiglio Direttivo nella convinzione che ulteriori stimoli siano necessari. Questa mossa ridurrebbe il tasso di deposito al 2%, considerato dalla BCE come il livello “neutrale”. L’obiettivo è alleggerire ulteriormente i costi di finanziamento e sostenere la crescita, in un contesto caratterizzato da prospettive economiche e inflazionistiche in deterioramento.
Philip Lane, capo economista della BCE, ha suggerito che l’approccio futuro sarà meno dipendente dai dati storici, concentrandosi invece sui rischi futuri per l’economia.
Le nuove previsioni macroeconomiche del personale della BCE, attese durante la riunione di dicembre, dovrebbero riflettere un peggioramento delle prospettive. In particolare:
• Inflazione: La stima per il 2024 potrebbe essere rivista al ribasso dal 2,5% al 2,4%, mentre per il 2025 si parla di una possibile revisione fino all’1,7%, ben al di sotto dell’obiettivo del 2%.
• Crescita del PIL: Anche le stime sulla crescita economica potrebbero essere ridotte, con il PIL atteso crescere solo dello 0,7% nel 2024, rispetto allo 0,8% stimato in precedenza.
Il presidente della BCE, Christine Lagarde, dovrebbe mantenere un tono dovish durante la conferenza stampa post-riunione. È probabile che sottolinei:
• Pressioni inflazionistiche in calo, grazie alla moderazione dei salari e alla contrazione dei margini di profitto.
• Rischi al ribasso per la crescita: La combinazione di tensioni geopolitiche, debolezza della domanda globale e incertezze politiche in Francia e Germania rappresentano fattori chiave che potrebbero frenare l’economia dell’eurozona.
• Necessità di stabilità finanziaria: Lagarde potrebbe riaffermare l’impegno della BCE nel mantenere condizioni finanziarie favorevoli, evitando commenti specifici sulle crisi politiche in corso.
Secondo Bloomberg Economics, la BCE potrebbe continuare a ridurre i tassi fino a marzo 2025, con un potenziale stop al ciclo di allentamento quando il tasso di deposito raggiungerà il 2%. Tuttavia, le previsioni di inflazione e crescita saranno determinanti per stabilire se la politica monetaria debba diventare più restrittiva o rimanere espansiva.
In sintesi, l’Europa sembra giocare una partita in cui ognuno ha le proprie difficoltà e poche soluzioni pronte. La Francia si aggrappa alla promessa di Macron di risolvere una crisi politica che minaccia di trasformarsi in un problema economico più ampio. La Germania, con il suo settore industriale che arranca, si trova a combattere con problemi che non si risolvono certo in un trimestre. E la BCE? Beh, Lagarde è pronta con il suo ennesimo taglio dei tassi, ma il rischio è che non basti a tappare tutte le falle.
L’eurozona, per ora, cerca di andare avanti, ma l’impressione è che cammini su un filo molto sottile. I mercati sperano che la stabilità politica torni presto in Francia, che l’industria tedesca ritrovi slancio e che la BCE continui a sostenere senza perdere il controllo. Ma se una sola di queste cose non dovesse funzionare, il rischio è che l’intero equilibrio salti. La prossima mossa sarà cruciale, ma una cosa è certa: la strada verso una vera ripresa sembra ancora lunga e la risposta - prendendo una citazione - sembrerebbe essere semplice per gli investimenti: America First.