Anche nelle situazioni più gravi, non bisogna affidarsi solo agli strumenti eccezionali, bisogna assicurarsi che quelli tradizionali funzionino bene. La politica monetaria è particolarmente efficace per stimolare la domanda interna, grazie alla svalutazione del tasso di cambio così prodotta. Invece la Bce è la banca centrale meno espansiva sia in termini di tassi d'interesse che di offerta di moneta. Il prossimo Consiglio direttivo dovrebbe perciò abbassare in maniera sostanziosa i tassi d'interesse di riferimento, liberandosi dei fantasmi di un passato ormai molto lontano.
Negli ultimi mesi sono state avanzate, e in parte attuate, diverse soluzioni innovative per attenuare, se non risolvere, la grave crisi che attanaglia numerosi paesi dell’area euro. Tra queste basterà ricordare l’adozione di politiche monetarie non tradizionali, le emissioni di Eurobond, nonché la creazione di fondi salva Stato più o meno grandi e levereggiati. Seppure la gravità della situazione richieda strumenti eccezionali, è bene tuttavia essere sicuri che quelli tradizionali della politica economica siano utilizzati a pieno in modo corretto.
LA POLITICA MONETARIA DELL'AREA EURO
Come insegna il classico modello di Mundell-Fleming, in un regime a cambi flessibili, come quello dell’area euro, la politica monetaria risulta particolarmente efficace a stimolare la domanda interna, grazie anche alla svalutazione del tasso di cambio da essa prodotta, mentre la politica fiscale risulta inadatta. Ciò appare particolarmente vero in un contesto in cui i bilanci statali sono in forte deficit e i debiti pubblici risultano molto alti, come succede nella maggior parte dei paesi europei. D’altra parte, l’area euro ha particolarmente bisogno di crescere se vuole attenuare la crisi di credibilità che ne sta minando l’esistenza: l’anno prossimo la crescita economica dell’area è prevista essere la più bassa fra quella delle principali economie avanzate, mentre il suo tasso di disoccupazione è già oggi il più alto.
Eppure oggi la Bce è la banca centrale più restrittiva o almeno la meno espansiva sia in termini di tassi d’interesse che soprattutto di offerta di moneta. Il suo principale tasso di rifinanziamento, dopo due aumenti consecutivi, è dell’1,5 per cento, contro tassi compresi fra lo zero e lo 0,5 per cento delle banche centrali degli altri principali paesi sviluppati.
Ancora più eclatanti sono le differenze in termini di tassi di crescita della moneta. Nell’area dell’euro l’aggregato più ristretto, M1 (circolante più depositi a vista), è aumentato nell’ultimo anno a tassi compresi fra lo zero e il 2 per cento, mentre negli Stati Unti lo stesso indicatore sta crescendo a tassi superiori al 20 per cento. In effetti, la Bce, attraverso operazioni di rifinanziamento straordinario collaterizzate (cioè garantite da titoli) sta fornendo liquidità abbondante al sistema bancario, mentre ha ripreso ad acquistare titoli governativi dei paesi in difficoltà, qualora ritenga il mercato esprima prezzi distorti (Security Market Program).
Tuttavia, questa liquidità viene rapidamente riassorbita sia perché le banche depositano presso la Bce molti di quegli euro che non si fidano di prestare ad altre banche, sia perché la Banca centrale europea, con teutonica determinazione, sterilizza l’acquisto di titoli pubblici con operazioni di raccolta di fondi presso il sistema bancario. Così, seppure a partire dal 2008 il bilancio della Bce sia raddoppiato, passando dagli 800 miliardi del 2007 ai 1600 miliardi di oggi (molto meno, comunque, di quanto si siano gonfiati i bilanci delle Fed e della Boe, che sono più che triplicati), esponendo l’istituto a crescenti rischi, gli aggregati monetari non hanno affatto conosciuto lo stesso andamento. Questo in una situazione in cui il sistema bancario europeo ha un disperato bisogno di liquidità e rischia di provocare il più serio credit crunch degli ultimi cinquant’anni.
TASSI DA ABBASSARE
Ecco perché è importate che al prossimo Consiglio direttivo del 6 ottobre la Bce abbassi in maniera sostanziosa i suoi tassi d’interesse di riferimento, ma è anche fondamentale che si liberi dei fantasmi che circolano ancora a Francoforte dopo novanta anni (l’iperinflazione nella repubblica di Weimar risale al 1921-23) e operi una politica monetaria ben più espansiva. Oggi i rischi d’inflazione in Europa sono molto contenuti, mentre la crescita economica dell’area, inclusa quella della Germania, dipende in grande misura dall’esportazione.
“La soluzione dei nostri problemi si trova nel cuore dell'uomo” scriveva Albert Einstein. Appare certamente vero per l'Europa, poiché è essenziale che cittadini e politici europei recuperino quello spirito europeista che ha caratterizzato la nascita dell’Unione. Tuttavia, è importante che anche le istituzioni europee facciano fino in fondo il loro dovere senza aspettare che diciassette parlamenti approvino misure straordinarie di dubbia efficacia; cosa che per altro la Banca centrale europea ha dimostrato più volte di saper fare in questi ultimi tre anni.
Autore: Rony Hamaui - LaVoce.info