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Detroit chiede la bancarotta ma una corte del Michigan eccepisce

Pubblicato 20.07.2013, 09:21
Investing.com – Si sapeva da tempo che la città di Detroit, negli Stati Uniti, avesse sulle spalle il peso di un enorme debito e che il suo fallimento fosse probabile,  ora però, il timore di un evento così nefasto , è divenuto dura realtà e la domanda di fallimento è stata approvata ufficialmente dal governatore Rick Snyder.

18,5 miliardi di dollari, a tanto ammontano i debiti della città americana che, essendo sede delle tre maggiori case automobilistiche americane Gm, Ford e Chrysler, è da sempre considerata come la capitale dell’auto Statunitense.

Negli anni 50 florida città di 1,8 milioni di abitanti, Detroit vede oggi la sua popolazione ridotta a 700 mila unità e si trova, a causa di una pessima gestione delle finanze pubbliche perdurata per molti anni, a non poter più far fronte ai propri debiti.

La corruzione politica, la crisi internazionale e la diminuita domanda del mercato dell’auto, sono i principali fattori determinanti la debacle cittadina.

La dichiarazione di fallimento dovrebbe dare il via alla vendita degli asset municipali per soddisfare, al meglio possibile, la lunga lista dei creditori e servirebbe, in pratica, a mettere un limite preciso ai debiti da pagare, vincolando i risarcimenti verso i debitori al solo valore degli asset posseduti dalla municipalità. 

E’ notizia dell’ultima ora, tuttavia, che una corte del Michigan ha stabilito che la domanda di bancarotta presentata dalla città di Detroit, è contraria alla costituzione dello Stato e che, pertanto deve essere ritirata.

Il giudice ha accolto il ricorso, presentato dai fondi pensione dei lavoratori della città, ritenendo che la dichiarazione di bancarotta violi i loro diritti costituzionali.

In buona sostanza la città avrebbe richiesto la bancarotta solo per proteggersi dai debiti accumulati e per evitare di doverli pagare per intero, scaricando però, in tal modo, l’onere sui suoi stessi lavoratori attivi.

Il danno verrebbe pertanto subito esclusivamente dai cittadini lavoratori ancora attivi, escludendo quelli già in pensione e costituendo quindi, una discriminazione.

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