Di Alessandro Albano
Investing.com - Con i policymaker della Federal Reserve che insistono sulla necessità di continui aumenti significativi dei tassi, l'indice del dollaro è tornato sopra i 108, poco sotto i massimi in 20 anni di 108,47 toccati a luglio dopo l'aumento da 75 punti base deciso dalla Fed.
James Bullard, un membro del Fomc notoriamente hawkish e presidente della Fed di St.Louis, ha affermato di "favorire un altro aumento del tasso dello 0,75%" a settembre, mentre Esther George ha avvertito che, sebbene i dati sull'inflazione del mese scorso "siano incoraggianti, non è ancora il momento di dichiarare la vittoria sull'inflazione".
Osservazioni che fanno eco a quelle della presidente di S.Francisco Mary Daly, la quale in settimana ha affermato che l'inflazione dei servizi "ha continuato a salire", preferendo un aumento del denaro dello 0,5% o 0,75%.
Le dichiarazioni dei banchieri Fed sono in linea con le attese del mercato misurate dai future sui fed funds. Secondo il Fed rate monitor di Investing.com, il 55% dei partecipanti al mercato punta su un aumento di 50 pb a settembre, contro il 45% di chi vede +75 pb per la terza volta consecutiva.
Una delle coppie che più stanno soffrendo dall'aumento del valore del dollaro è l'euro, da settimane in bilico sulla parità contro il biglietto verde e ora distante poco più di 60 pips nonostante le prospettive di un continuo aumento dei tassi da parte della BCE.
Secondo ING (AS:INGA), "la crisi del gas continua senza dubbio a pesare sull'euro" con i gestori dei fondi che "continuano a ritenere che l'euro sia sottovalutato - ma lo dicono dal 2018".
"Crediamo che la crisi del gas e lo shock delle ragioni di scambio abbiano portato a un calo dei fondamentali dei valore dell'EUR/USD”, spiegano dalla banca olandese.