di Francesca Piscioneri
ROMA (Reuters) - Le nuove assunzioni a tempo indeterminato saranno fatte con contratti a tutele crescenti in base all'anzianità di servizio.
E' quanto prevede l'emendamento del governo, concordato con la maggioranza, all'articolo 4 della delega sul mercato del lavoro presentato stamani in commissione al Senato, che apre di fatto la strada al superamento dell'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori che disciplina i licenziamenti senza giusta causa.
Nel testo riformulato c'è la "previsione, per le nuove assunzioni, del contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti in relazione all'anzianità di servizio", si legge nell'emendamento.
In sostanza, il lavoratore che conquisterà un contratto a tempo indeterminato, sia giovane sia riassunto dopo una precedente occupazione, non avrà da subito diritto alle stesse tutele garantite dagli attuali contratti stabili, ma le otterrà gradualmente.
Inoltre, l'emendamento introduce una revisione di altri due articoli dello Statuto dei lavoratori: l'articolo 4, laddove prevede il superamento del divieto delle tecniche di controllo a distanza, e l'articolo 13 introducendo di fatto la possibilità del demansionamento del lavoratore in caso di necessità dell'azienda.
La precedente versione, indicava il contratto a tutele crescenti solo come una delle opzioni.
"E' stato ripulito il testo per superare l'opzionalità del contratto a tutele crescenti", ha spiegato il ministro del Welfare, Giuliano Poletti, al termine della riunione mattutina con i partiti della maggioranza per trovare un accordo sul testo.
I termini della gradualità saranno indicati nei decreti delegati che arriveranno da parte dell'esecutivo entro sei mesi dal via libera del Parlamento alla delega, atteso per fine anno, ha spiegato il sottosegretario Pd Teresa Bellanova, che segue l'iter del provvedimento.
L'emendamento sarà votato domani dopo il parere della commissione Bilancio, l'approdo in aula è previsto il 23 settembre per il via libera i primi di ottobre.
Secondo Bellanova, che ha parlato a margine dei lavori della commissione, l'accordo di oggi allontana lo spauracchio, sventolato ieri dal premier Matteo Renzi, di un intervento di urgenza da parte del governo qualora il Parlamento non avesse celermente approvato la delega, seconda gamba di quel Jobs Act considerato anche da parte europea il fulcro delle riforme che l'Italia deve mettere in campo per superare le pastoie del mercato del lavoro.
SUPERAMENTO NEI FATTI DELL'ARTICOLO 18
Il testo non fa riferimento esplicito all'eterno convitato di pietra delle riforme del lavoro, l'articolo 18, tuttavia il governo avrà ampi margini nei decreti delegati per stabilire cosa si intenda per tutele crescenti.
E' da capire se per tutela si intenderà solo l'indennizzo in caso di licenziamento senza giusta causa o se rimarrà una possibilità di reintegro. La questione rischia di spaccare il Pd, che finora ha aperto solo alla possibilità di derogare per un primo periodo alle tutele, per poi reintrodurle successivamente.
Ieri Renzi in Parlamento non ha citato lo Statuto dei lavoratori ma secondo Il Sole 24 Ore in serata ha fatto sapere di volerlo riscrivere per superare la reintegra obbligatoria del lavoratore licenziato senza giusta causa.
Il premier non ha negato neanche in sedi ufficiali di voler superare in prospettiva lo Statuto dei lavoratori per introdurre il modello tedesco, ma ha derubricato l'articolo 18 a una questione che riguarda poche migliaia di lavoratori.
Però, come ha detto ieri sera il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan, "è l'elemento che tradotto in termini di percezione all'estero, significa che assumere e riallocare persone persone è più difficile in Italia che all'estero".
I centristi, da sempre favorevoli a un superamento tout court dell'articolo 18 (che resterebbe solo per i licenziamenti discriminatori) cantano vittoria.
Il presidente della Commissione Lavoro dell'Ncd, Maurizio Sacconi, sentenzia: "La mediazione politica è che per i nuovi assunti non ci sarà più l'articolo 18".In realtà la riforma Fornero del 2012 ha già spuntato l'arma del reintegro rendendolo obbligatorio solo nei casi di licenziamenti discriminatori; in caso di licenziamento economico è previsto un indennizzo salvo che sia dimostrata la "manifesta insussistenza del fatto", ovvero sia camuffato con ragioni economiche un licenziamento di altra natura.