La Bce, prima di Natale ha iniettato alle banche sparse nei paesi europei 500 miliardi di euro, liquidità sonante per immettere denaro e favorire i prestiti. Una torta sotto forma di prestiti a tassi di favore (l'1%).
Quattordici gli istituti italiani che ne hanno beneficiato per un ammontare complessivo di 40,4 miliardi coperti da obbligazioni garantite dal Tesoro.Tanto per capirci: 12 i miliardi finiti nella casse di Intesa Sanpaolo, 10 per Monte dei Paschi e 7,5 per Unicredit. Basterà?
La sensazione è che molti istituti di credito acquistino titoli di Stato con i soldi della Bce per sistemare i propri bilanci, invece che prestarli alle imprese e alle famiglie. È l'effetto del fantasma spread (differenziale di rendimento tra i titoli di stato italiani, Btp e i loro omologhi tedeschi Bund), lievitato a tassi insostenibili e in poco tempo. Le aziende abituate a lavorare con il sistema dell'"anticipo fatture" con uno spread attorno al 2% si sono trovate negli ultimi mesi con un differenziale fino al 7%.
Perché le banche hanno difficoltà a essere ancora dinamiche nel mercato dei Mutui?
Uno dei più grandi problemi è emerso con l'introduzione dell’euro: i mutui bancari a tasso variabile (i più) vengono indicizzati al tasso euribor che è la base dei prestiti tra banche europee. Questo tasso prima del crollo del settembre 2008 si aggirava intorno al 4,5-5% e il tasso medio di un mutuo poteva essere di circa il 6% annuo; col crollo e la crisi le Istituzioni monetarie mondiali hanno messo in circolazione una liquidità immensa che ha trascinato al ribasso tutta la struttura dei tassi portando l’euribor sotto l’uno per cento.
In queste condizioni i mutui stipulati dalle banche si sono rilevati un affare pessimo aggravato dalla quantità.
Se si riclassificano i bilanci dei maggiori operatori, la quota dei mutui sul totale dei prestiti va da circa il 45% di Intesa e Unicredit al 65% di Ubi. E’ comprensibile come il sistema bancario Italiano, oberato da costi fissi e segnatamente da personale in eccesso, non possa che soffrire di fronte a un calo degli utili stimati in almeno l'1% dei prestiti in essere, che nel caso di Ubi sarebbe oltre 0,5 miliardi di euro dopo le tasse.
Questo calo di profitto, che è giunto insieme ad un generale deterioramento della qualità del credito ed alla stagnazione dei depositi, ha innescato una fuga degli investitori dalle azioni bancarie e, come ne sono esempio Banca Popolare di Milano e Unicredit, dai loro aumenti di capitale.
La situazione si sta avvitando anche se le operazioni di rifinanziamento della Bce dovrebbero stemperare le tensioni e ridare, se non l’utile agli azionisti, il credito alle imprese. La reazione di qualche Istituto di credito al peggioramento dello scenario è stata quella di tagliare gli affidamenti alle imprese medio grandi, manovra che ha impattato negativamente sul quadro bancario nel suo complesso.
Oberati sempre più da leggi e leggine, il paradosso diventa che quelle che servono non vengono mai emanate. Sarebbe sufficiente stabilire che il tasso euribor applicato per i mutui non fosse quello rilevato sui soliti circuiti internazionali ma quello mensilmente rilevato dalla Banca d’Italia sul Mid (mercato interbancario dei depositi) e pubblicato con pari frequenza sul bollettino statistico.
Il risultato porterebbe oggi ad un innalzamento rispetto all'euribor ma, dopo un necessario riassestamento, si avrebbe una maggiore stabilità ed una piattaforma più equilibrata per stabilire le politiche di creditoin base alle reali capacità anche dei privati che devono accendere un mutuo.
Di certo servirebbe a stemperare questa Crisi bancaria dove le conseguenze sono che Stato, Cittadini ed Imprese non possono contare in modo pieno sulle riserve di liquidità che i sistemi bancari solitamente tengono a presidio della stabilità dei mercati e delle attività della nazione: quando le riserve si assottigliano, o vengono sostituite con debiti accesi verso banche estere, è normale che la dinamica dei tassi cresca e a poco a poco si deprezzino le attività finanziarie iniziando da quelle a più lungo termine.
Fonte: Mutuonews.blogspot.com
Quattordici gli istituti italiani che ne hanno beneficiato per un ammontare complessivo di 40,4 miliardi coperti da obbligazioni garantite dal Tesoro.Tanto per capirci: 12 i miliardi finiti nella casse di Intesa Sanpaolo, 10 per Monte dei Paschi e 7,5 per Unicredit. Basterà?
La sensazione è che molti istituti di credito acquistino titoli di Stato con i soldi della Bce per sistemare i propri bilanci, invece che prestarli alle imprese e alle famiglie. È l'effetto del fantasma spread (differenziale di rendimento tra i titoli di stato italiani, Btp e i loro omologhi tedeschi Bund), lievitato a tassi insostenibili e in poco tempo. Le aziende abituate a lavorare con il sistema dell'"anticipo fatture" con uno spread attorno al 2% si sono trovate negli ultimi mesi con un differenziale fino al 7%.
Perché le banche hanno difficoltà a essere ancora dinamiche nel mercato dei Mutui?
Uno dei più grandi problemi è emerso con l'introduzione dell’euro: i mutui bancari a tasso variabile (i più) vengono indicizzati al tasso euribor che è la base dei prestiti tra banche europee. Questo tasso prima del crollo del settembre 2008 si aggirava intorno al 4,5-5% e il tasso medio di un mutuo poteva essere di circa il 6% annuo; col crollo e la crisi le Istituzioni monetarie mondiali hanno messo in circolazione una liquidità immensa che ha trascinato al ribasso tutta la struttura dei tassi portando l’euribor sotto l’uno per cento.
In queste condizioni i mutui stipulati dalle banche si sono rilevati un affare pessimo aggravato dalla quantità.
Se si riclassificano i bilanci dei maggiori operatori, la quota dei mutui sul totale dei prestiti va da circa il 45% di Intesa e Unicredit al 65% di Ubi. E’ comprensibile come il sistema bancario Italiano, oberato da costi fissi e segnatamente da personale in eccesso, non possa che soffrire di fronte a un calo degli utili stimati in almeno l'1% dei prestiti in essere, che nel caso di Ubi sarebbe oltre 0,5 miliardi di euro dopo le tasse.
Questo calo di profitto, che è giunto insieme ad un generale deterioramento della qualità del credito ed alla stagnazione dei depositi, ha innescato una fuga degli investitori dalle azioni bancarie e, come ne sono esempio Banca Popolare di Milano e Unicredit, dai loro aumenti di capitale.
La situazione si sta avvitando anche se le operazioni di rifinanziamento della Bce dovrebbero stemperare le tensioni e ridare, se non l’utile agli azionisti, il credito alle imprese. La reazione di qualche Istituto di credito al peggioramento dello scenario è stata quella di tagliare gli affidamenti alle imprese medio grandi, manovra che ha impattato negativamente sul quadro bancario nel suo complesso.
Oberati sempre più da leggi e leggine, il paradosso diventa che quelle che servono non vengono mai emanate. Sarebbe sufficiente stabilire che il tasso euribor applicato per i mutui non fosse quello rilevato sui soliti circuiti internazionali ma quello mensilmente rilevato dalla Banca d’Italia sul Mid (mercato interbancario dei depositi) e pubblicato con pari frequenza sul bollettino statistico.
Il risultato porterebbe oggi ad un innalzamento rispetto all'euribor ma, dopo un necessario riassestamento, si avrebbe una maggiore stabilità ed una piattaforma più equilibrata per stabilire le politiche di creditoin base alle reali capacità anche dei privati che devono accendere un mutuo.
Di certo servirebbe a stemperare questa Crisi bancaria dove le conseguenze sono che Stato, Cittadini ed Imprese non possono contare in modo pieno sulle riserve di liquidità che i sistemi bancari solitamente tengono a presidio della stabilità dei mercati e delle attività della nazione: quando le riserve si assottigliano, o vengono sostituite con debiti accesi verso banche estere, è normale che la dinamica dei tassi cresca e a poco a poco si deprezzino le attività finanziarie iniziando da quelle a più lungo termine.
Fonte: Mutuonews.blogspot.com