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Special Report-Fotografo Reuters ucciso dopo essere stato abbandonato in ritirata - generale afghano

Pubblicato 24.08.2021, 18:45
Aggiornato 24.08.2021, 18:54
© Reuters. Alcuni fotografi nepalesi ricordano il fotografo della Reuters Danish Siddiqui presso il tempio di Swayambhunath Stupa, sito patrimonio dell'Unesco a Kathmandu, Nepal, 20 luglio 2021. REUTERS/Navesh Chitrakar/File Photo

24 agosto - A giugno, mentre la campagna dei talebani per la riconquista dell'Afghanistan entrava nel vivo, gli scontri causano centinaia di vittime e decine di migliaia di sfollati. Danish Siddiqui, fotoreporter trentottenne di Reuters di base a Nuova Dehli, vuole coprire la storia. A uno dei suoi capi dice: "Se non ci andiamo noi, chi lo farà?".

Domenica 11 luglio, Siddiqui arriva in una base delle Forze speciali afghane nella città di Kandahar, nel sud del paese. Lì si aggrega ad un unità d'elite composta da alcune centinaia di combattenti, il cui compito e' arginare i talebani, che nelle settimane precedenti hanno guadagnato sempre piu' territorio.

Martedì 13 luglio, Danish partecipa a una missione per salvare un poliziotto che era rimasto solo, circondato da ribelli. La missione ha successo e il convoglio sta tornando alla base, quando si trova improvvisamente bersagliato da lanci di granate.

Il mezzo militare su cui si trova Siddiqui viene colpito. Gli altri veicoli del convoglio vengono distrutti. Danish riesce a riprendere il bagliore del proiettile che colpisce il fianco del mezzo su cui si trova e la fuga disperata dei militari attraverso il fuoco di sbarramento. Le immagini e il resoconto della missione vengono pubblicate da Reuters, mentre Danish le carica su Twitter.

"Oh mio dio", commenta un suo amico su WhatsApp. "Questa situazione è folle".

Siddiqui, che ha gia' coperto conflitti armati, scontri di piazza e crisi di rifugiati, rassicura il suo amico, spiegando che Reuters ha condotto una valutazione dei rischi prima che lui si unisse alle forze speciali afghane. Spetta agli editor e ai manager di Reuters la responsabilità di approvare o meno gli incarichi più rischiosi oltre a quella di revocarli. Anche i giornalisti hanno la facoltà di porre fine anticipatamente ad un incarico.

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"Non preoccuparti", scrive Siddiqui. "So quando è il momento di mollare".

Appena tre giorni dopo, il 16 luglio, Danish e due soldati afghani rimangono uccisi in un attacco dei talebani durante un'altra missione, un tentativo fallito di riprendere Spin Boldak, un piccolo villaggio al confine con il Pakistan. La disfatta di quel giorno segna l'inizio del tracollo dell'esercito afghano. Nelle settimane successive, i talebani conquistano una città dopo l'altra. La vittoria finale degli studenti coranici arriva a metà agosto con la conquista di Kabul, ultima delle grandi città afghane ad arrendersi.

La morte di Danish Siddiqui mostra quali sono i rischi cui vanno incontro i giornalisti, di media internazionali e locali, quando si occupano di conflitti e di lotte politiche. Gli organi di informazione devono trovare un equilibrio tra la tutela dei propri collaboratori e la necessità di pubblicare notizie di pubblico interesse. In tutto il mondo, oltre 600 giornalisti sono rimasti uccisi dal 2010, secondo il Comitato per la protezione dei giornalisti. L'Afghanistan è stato tra gli scenari più pericolosi, con 35 reporter rimasti uccisi dal 2010, 28 dei quali legati a testate locali.

La notizia della morte di Danish ha travolto la sua famiglia e i suoi colleghi. Alcune agghiaccianti immagini del suo corpo sono state pubblicate sui social media. Anche se alcuni dettagli relativi alla sua morte non sono ancora chiari, le informazioni emerse fino a questo momento sono sufficienti a tratteggiare gli eventi di quella giornata.

Secondo i primi rapporti, Siddiqui era rimasto ucciso dopo essersi ritrovato in un fuoco incrociato mentre cercava di fare delle fotoggrafie al bazar di Spin Boldak, un villaggio di grande importanza strategica nelle vicninanze di uno dei passi di confine tra Afghanistan e Pakistan. Ma un esame delle comunicazioni tra Siddiqui e Reuters, e la testimonianza di un comandante delle forze speciali afghane, mostrano che Siddiqui è stato in primo luogo ferito dalle schegge di una granata e portato in una moschea del luogo per essere curato. Secondo l'ufficiale afghano, Siddiqui e' stato ucciso solo successivamente, dopo essere stato abbandonato con due soldati nella confusione della ritirata.

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Il generale Haibatullah Alizai, al comando del Corpo per le operazioni speciali cui era stato assegnato Siddiqui a Kandahar, ha detto a Reuters che è ora chiaro come i suoi soldati, nel mezzo di un acceso combattimento, si siano ritirati da Spin Boldak e abbandonato Siddiqui e i due militari che erano con lui, credendo erroneamente che fossero già sui convogli in ritirata. Il racconto del generale è stato confermato da quattro soldati che hanno detto di essere stati presenti durante l'attacco.

"Sono stati abbandonati lì", ha detto Alizai.

Altre circostanze relative alla morte di Siddiqui rimangono poco chiare. Funzionari di sicurezza afghani e alcuni funzionari indiani hanno detto a Reuters che, sulla base di foto, informazioni e un esame condotto sul cadavere di Siddiqui, emerge che il suo corpo e' stato mutilato mentre era in custodia dei talebani dopo la sua morte. I talebani lo negano.

Un esperto britannico di balistica contattato da Reuters, Philip Boyce di Forensic Equity, ha esaminato le foto postate sui social media dopo l'attacco e le ha confrontate con foto e radiografie effettuate dopo che il cadavere di Siddiqui è stato recuperato dai talebani. Per Boyce "è evidente che diversi colpi sono stati sparati su di lui dopo la morte". Alcuni rapporti sostengono che il suo corpo sia stato investito da un automezzo. Boyce sostiene che le immagini sulle foto sono coerenti con dei colpi di arma da fuoco e non implicano necessariamente altri tipi di lesioni post-mortem.

Secondo uno dei portavoce dei talebani, Zabihullah Mujahid, le ferite di Siddiqui sarebbero precedenti al ritrovamento del suo cadavere da parte dei combattenti talebani.

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La morte di Danish ha causato un moto di commozione in tutta l'India, e nella comunità dei fotoreporter. Aveva ricevuto, insieme ad altri colleghi, un premio Pulitzer per le iconiche immagini dell'esodo dei rifugiati Rhoingya da Myanmar nel 2018. In patria aveva raggiunto una certa fama, attirandosi di contro anche alcune minacce, per le sue foto capaci di fornire spunti sulla politica indiana e sulle tensioni sociali del paese, come nel caso delle strazianti foto delle pire funerarie per i morti di Covid-19, o di quelle dello scorso anno in cui si rirpendeva il pestaggio di un musulmano ad opera di una folla di hindu a Dehli.

Grazie a questi lavori, Siddiqui era diventato uno dei fotoreporter più importanti di tutta l'India, ha detto a Reuters il famoso fotogiornalista Raghu Rai. "E' un personaggio raro, senza dubbio ma fare quello che fa lui in questo momento storico è molto, molto difficile, e fa davvero paura", ha detto Rai.

La famiglia di Siddiqui ha detto in un comunicato: "Danish non era solo uno straordinario professionista, ma anche una persona splendida, capace di catturare la realtà grazie alla sua macchina fotografica".

La morte di un collega illustre, padre di due bambini, ha gettato nello sconforto l'intera Reuters. Alcuni nell'agenzia hanno messo in dubbio il livello di protezione fornito da Reuters a Siddiqui durante l'incarico. Questo articolo è stato scritto ed editato da giornalisti Reuters che non sono stati coinvolti nella gestione del fotografo o nell'approvazione della sua partenza per l'Afghanistan.

Krishna N. Das, un reporter basato a Dheli che ha lavorato con Siddiqui, ha detto che alcuni colleghi si sono interrogati sulla decisione degli editor di Reuters di autorizzare il fotoreporter a rimanere con le forze speciali afghane, specialmente dopo l'attacco del 13 luglio in cui era stato danneggiato il suo Humvee.

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"Perché gli e' stato permesso di rimanere con quell'unità?", si domanda Das. "Perché non lo hanno tirato fuori da quella situazione?".

Altri sostengono che essere assegnato ad un'unità di forze speciali altamente addestrate è un modo appropriato di gestire il compito che Siddiqui aveva scelto, quello di fornire una testimonianza dei combattimenti.

"Se hai la possibilità di unirti ad una missione del genere, di solito la prendi al volo", dice Goran Tomašević, un altro fotoreporter Reuters noto per le sue immagini di guerra."Di solito il posto migliore in cui trovarsi e' insieme ad un gruppo di soldati del genere".

Chi nella redazione ha familiarità con il processo decisionale dice che la missione di Siddiqui con i soldati in Afghanistan è stata approvata da editor del settore fotografico, valutata da consulenti esterni e interni per la sicurezza ed esaminata dal gruppo di manager di primo livello dell'agenzia.

Quel gruppo, che include l'Editor-in-Chief Alessandra Galloni, l'Executive Editor Gina Chua, responsabile per la sicurezza, e John Pullman, global managing editor per il settore visuals, ha dato il via libera alla missione con le forze speciali afgane addestrate negli Stati Uniti. Chua, che ha preferito non fare commenti, ha poi approvato l'invio di Siddiqui a Spin Boldak, ha detto una persona vicina alla questione.

Interviste con dirigenti e dipendenti di Reuters e la lettura di comunicazioni e-mail indicano che gli editor dell'Asia meridionale non hanno preso parte alla decisione e non sono stati avvisati della missione a Spin Boldak.

Reuters, controllata da Thomson Reuters Inc, ha detto in una nota che le decisioni sugli inviati "sono prese collettivamente". Galloni, in una dichiarazione scritta, ha affermato di aver approvato la missione di Siddiqui all'interno delle forze speciali afghane. "Come Editor-in-Chief, mi assumo la piena responsabilità della decisione", ha scritto.

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Reuters ha detto che la morte di Siddiqui e' oggetto di indagini interne ed esterne e che il gruppo sta lavorando duramente per verificare i fatti.

(Tradotto da Luca Fratangelo in redazione a Danzica, in redazione a Roma Giselda Vagnoni, luca.fratangelo@thomsonreuters.com, +48587696613)

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