ROMA (Reuters) - Nel 2050, a causa di un'accelerata nel processo di invecchiamento della popolazione, l'Italia sarà il terzo paese più anziano dell'Ocse, dietro il Giappone e la Spagna. Ci saranno 74 persone oltre i 65 anni ogni cento di età compresa tra i 20 e i 64.
A dirlo è la stessa Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, nel rapporto "Preventing ageing unequally".
Si allarga il divario tra generazioni. Se da una parte, dato l'aumento dell'età media, è importante coinvolgere i più anziani nel mercato del lavoro, dall'altra diventa più difficile per i giovani trovare un impiego.
Le nuove leve sono spesso intrappolate in lavori "non standard", sottolinea l'Ocse. Dal 2000 al 2016, i tassi di occupazione delle persone tra i 55 e i 64 anni sono cresciuti di più (23%) rispetto a quelli delle persone al primo impiego (1%). I tassi di occupazione dei giovani sono invece diminuiti bruscamente (-11%).
La forbice tra giovani e anziani è valida anche per i salari. "Dalla metà degli anni '80, il reddito degli individui di età compresa tra i 60 e i 64 anni è cresciuto del 25% in più rispetto a quello delle persone tra i 30 e i 34 anni", scrive l'Ocse, contro una media del 13% registrata negli altri paesi membri dell'organizzazione.
I tassi di povertà relativa, si legge ancora, sono "aumentati per i gruppi più giovani, mentre sono caduti bruscamente per i più anziani".
All'ineguaglianza nei salari corrisponde un gap nei trattamenti previdenziali. Se negli altri paesi Ocse le differenze nelle pensioni si devono per i due terzi alle disparità negli stipendi, in Italia questo rapporto è "vicino al 100%", anche a causa della debolezza del sistema di sicurezza sociale.