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Investimenti, cosa abbiamo imparato negli ultimi tre anni

Pubblicato 19.07.2018, 11:40
Aggiornato 19.07.2018, 10:00
Investimenti, cosa abbiamo imparato negli ultimi tre anni

Investimenti, cosa abbiamo imparato negli ultimi tre anni

L’andamento dei mercati dal 2015 in poi ha dato indicazioni precise per gli investimenti in termini di diversificazione, rischio, aspettative sui rendimenti e costo della liquidità.

Le performance del passato non costituiscono una garanzia per quelle future. Quando si parla di investimenti, è questa la scritta che la Consob impone alle società di gestione che promuovono prodotti finanziari al fine di scongiurare che i risparmiatori possano essere fuorviati nelle proprie scelte dai rendimenti del passato. Tuttavia, quello che è accaduto sui mercati finanziari (e nei portafogli dei risparmiatori) negli ultimi tre anni offre preziose lezioni. Scopriamole insieme.

I PRINCIPALI INDICI AZIONARI

Cominciamo dall’andamento dei principali indici di mercato. Tra il 30 giugno 2015 e il 29 giugno 2018, l’indice S&P500 di Wall Street è quello che ha messo a segno il rialzo in euro più consistente pari a +25,7%: tenendo conto anche dei dividendi, il risultato sale al 33,8 per cento. Dietro seguono l’indice delle Borse mondiali MSCI world con +14,9% in euro (che diventa +21,8% con i dividendi), l’indice Eurostoxx con +6,2% (ovvero +14,2% dividendi inclusi), e poi l’indice azionario dei paesi emergenti con +5% (e +12,3% con i dividendi): l’indice azionario europeo Stoxx 600, invece è in attivo solo con i dividendi (+5%) altrimenti risulterebbe ancora in ritardo di circa mezzo punto percentuale rispetto ai valori che aveva tre anni fa.

MERCATI OBBLIGAZIONARI

Nell’ambito obbligazionario, invece, si può constatare che l’indice dei fondi obbligazionari paesi emergenti segna un +5,3%, quello dei fondi obbligazionari governativi internazionali un andamento piatto (+0,1%), quello dei fondi obbligazionari governativi euro a medio lungo termine un +1,3% mentre quello dei fondi monetari euro un -2 %.

DIVERSIFICAZIONE

La prima lezione che si evince dalla lettura di queste performance è la forza strutturale della diversificazione in tema di investimenti. Che dimostra, con numeri concreti, che la ripartizione dei risparmi in differenti asset class (azioni, obbligazioni, strumenti monetari, strategie alternative), frazionati per area geografica e valuta consente di ridurre i rischi e aumentare le fonti di rendimento. L’esempio più evidente lo si è potuto constatare nella seconda metà di maggio. Tra il 15 e il 31 maggio, l’indice Ftse Mib di Piazza Affari è caduto del 10% (con l’indice settoriale bancario giù di oltre il 20 per cento) e i BTP hanno perso in media il 7%: un buon fondo bilanciato globale internazionale è riuscito a limitare le perdite a meno di mezzo punto percentuale.

Volatilità nei mercati europei, difendersi con healthcare e dollaro

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RISCHIO E VOLATILITÀ

La seconda lezione è che la volatilità non poteva restare imbrigliata come è accaduto per tutto il 2017. Si è trattato con tutta evidenza di un contesto particolare e anomalo dovuto alla concomitanza di fattori eccezionali: politiche monetarie ancora accomodanti, ingente liquidità sui mercati, crescita globale sincronizzata, attese sull’aumento dei profitti aziendali vicini alle due cifre. Dallo scorso mese di febbraio, il quadro si è in parte scompaginato e la volatilità è tornata, turbando gli investitori. Che, però, dovrebbero vedere l’altra faccia della medaglia: non solo quella dell’aumento del rischio ma anche l’altra, quella riguardante le opportunità che si vengono a creare sui mercati. Questo perché, spesso, proprio durante le fasi di volatilità vengono venduti non soltanto i titoli sopravvalutati ma anche quelli correttamente valutati che diventano quindi attraenti.

RENDIMENTI PIÙ BASSI E ASIMMETTRICI

La terza lezione legata agli investimenti fa riferimento alla consapevolezza che viviamo in un contesto caratterizzato da rendimenti tendenzialmente più bassi che in passato e asimmetrici. Tradotto in pratica significa che per puntare ad un rendimento positivo occorre mettere in conto che, in uno scenario di mercato moderatamente negativo, l’investitore potrebbe accusare perdite di livello superiore. Per esempio, se si allestisce un portafoglio ben diversificato per asset class, zone geografiche e valute con l’obiettivo di realizzare un guadagno annuo del 3%, in uno scenario di mercato moderatamente negativo la performance potrebbe risultare del -5 per cento.

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LA LIQUIDITÀ HA UN COSTO

Infine, ma non certo per importanza, quando si parla di investimenti è necessario avere bene a mente che la liquidità non solo non produce rendimento ma in questo specifico contesto comporta un costo. Infatti dal momento che i tassi del mercato monetario euro sono congelati in territorio negativo dalla BCE (-0,40% i tassi per i prestiti alle banche), lasciare parcheggiata la liquidità in un fondo monetario euro può comportare, anche per i prossimi 6-12 mesi, una perdita tra lo 0,2% e lo 0,4% su base annua.


** Il presente articolo è stato redatto da FinanciaLounge


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