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La febbre sale, ma non a Wall Street

Pubblicato 16.04.2018, 10:39
Aggiornato 16.04.2018, 09:00
La febbre sale, ma non a Wall Street

Se la tensione tra USA e Russia aumenta sul campo di battaglia siriano, il mercato racconta una storia diversa, fatta di indicatori che puntano a un possibile esaurimento della turbolenza.

È cominciata a colpi di bluff la partita doppia di Trump sui tavoli del Medio Oriente e della Cina-Corea del Nord. Il primo fronte, quello siriano (per ora) negli ultimi giorni si è scaldato meno di quello che raccontano tv e giornali. A far arrabbiare gli americani è stata la foto che ritrae il turco Erdogan, presunto alleato e membro a sua insaputa della NATO, stringere nelle sue le mani dello Zar Putin e dell’iraniano Rouhani, che da Ankara una decina di giorni fa hanno mandato a dire ‘qui comandiamo noi’. È stata quella dichiarazione non scritta, e non tanto le (finora presunte) armi chimiche di Assad a far scattare il raid degli americani sulla Siria. Britannici e francesi gli sono andati dietro per ragioni diverse. I primi hanno bisogno degli americani per uscire a testa alta dal tunnel della Brexit, mentre Napoleon Macron cerca di comprarsi il consenso dei francesi alle sue riforme impopolari con un po’ di ‘grandeur’.

ALLA LARGA DAI GUAI

Dalla partita si tengono alla larga gli altri europei. In Germania sembra che ci sia un governo da un mese a questa parte, ma verrebbe da dire che è un segreto gelosamente custodito. Non è per nulla chiaro chi comandi veramente a Berlino e quale sia la politica estera tedesca. In Italia un governo ancora non c’è, ma nessuno sembra intenzionato a schierarsi troppo apertamente contro Putin. In Spagna la ferita della Catalogna è ancora aperta, anche se non se ne parla. Tutti stanno comunque attenti a non esagerare, l’ultima cosa che vogliono è che anche la Siria diventi un buco nero come la Libia, da sei anni allo sbando. La posta in gioco non è la Siria ma l’egemonia in tutta la regione, e la partita si gioca tra sauditi e israeliani da una parte e iraniani dall’altra. Quanto Teheran possa veramente contare sull’appoggio di Turchia e Russia è oggetto degli esperimenti che si stanno facendo in Siria.

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KIM SI È IMPOSTO IL SILENZIO

Sul secondo fronte il presidente cinese Xi manda segnali distensivi, cerca di non farsi ingaggiare nella guerra commerciale (anche qui per ora soprattutto vocale) con gli americani. Si può notare che da qualche mese il picchiatello Kim ha smesso di giocare con il bottone lancia-missili e si è anche imposto uno stretto silenzio. Non si hanno più notizie dello storico incontro con gli americani che dovrebbe tenersi entro maggio dalle parti del 38esimo parallelo che divide le due Coree, ma non risulta che sia stato cancellato.

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FORSE LE COSE SI AGGIUSTANO

Intanto i mercati, come le stelle, stanno a guardare, molto poco interessati. Se in Medio Oriente infatti la tensione sale, a Wall Street sembra proprio che le cose si stiano aggiustando. Quello che conta veramente continua ad essere l’andamento dell’economia e i risultati societari. Il ritorno della volatilità è sempre meno vissuto come un campanello di allarme e sempre più come un ritorno alla normalità. Così come sta succedendo sul fronte dell’inflazione, che continua a consolidarsi sopra il target del 2% fissato dalla Fed, e come sta succedendo sul fronte dei tassi, con la Fed che marcia tranquilla nel cammino dei rialzi graduali e costanti.

SORPRESE POSITIVE

Sul versante delle trimestrali, la cui stagione è appena iniziata, arrivano notizie più che buone. Le ultime proiezioni parlano di utili in crescita del 17%, il livello più alto da sette anni. In tutti gli 11 settori rappresentati nello S&P 500 gli utili sono attesi in crescita, e per ben sette in crescita a due cifre. Finora sono uscite le trimestrali solo del 6% delle società dello S&P 500, e 7 su 10 hanno riportato sorprese positive in termini di EPS e di fatturato. Per il secondo trimestre le stime degli analisti puntano a un ulteriore miglioramento, con un trend che dovrebbe proseguire per tutto l’anno.

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Stime EPS a 12 mesi (sinistra) e livello dello S&P 500 (destra) dal 2007 ad oggi (Fonte: JP Morgan Asset Management)

GLI INDICATORI CONTRARIAN

Sia dal clima di fiducia degli investitori che dal quadro tecnico arrivano segnali che potremmo definire bullish. Le rilevazioni settimanali dell’American Association of Individual Investors raccontano che il campo dei Tori continua ad essere abbandonato – siamo scesi al 27% dal 32% – mentre si ingrossa quello degli Orsi, forte del 42,7% dal 36,6% precedente. Questi indicatori vanno letti in modo ‘contrarian’, il futuro di solito si situa sulla parte della bilancia meno affollata. Infatti a fine 2017 le proporzioni erano invertite. Sul versante tecnico gli indicatori raccontano indici che rimbalzano su minimi progressivamente sempre più elevati, segnalando che la pressione delle vendite potrebbe essere in via di esaurimento. Se il minimo di 2.573 toccato dallo S&P 500 il 4 aprile tiene per qualche altra seduta potrebbe indicare che si è formata una base, e che bisogna cominciare a guardare le resistenze, situate in area 2780, invece dei supporti.

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BOTTOM LINE

I fondamentali economici e di mercato restano ben impostati, soprattutto in America. Il rischio continua ad annidarsi nei fattori esterni, ma se e quando la situazione dovesse scappare di mano, nel Golfo o in Corea, possiamo essere certi che giornali e tv non ci avvertiranno prima. Il mercato ha antenne molto più sensibili degli analisti geopolitici e se sente puzza di bruciato di solito manda segnali. Per ora non se ne vedono.

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(dalla rubrica “Caffè scorretto” della newsletter settimanale di FinanciaLounge)



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