Di Geoffrey Smith
Investing.com - Un vecchio proverbio dice che la Russia non è mai così forte come sembra o così debole come sembra. Era in origine un avvertimento per i politici stranieri ma va altrettanto bene per gli investitori.
L’indice russo RTS, sempre fortemente influenzato dai movimenti del prezzo della principale esportazione del paese, il greggio, è crollato del 15% in apertura questo martedì. Avrebbe potuto farlo già ieri, se non fosse stato per la chiusura per festa. Ha poi ridotto le perdite segnando un crollo di “solo” l’11,9%.
È una mossa di riflesso: la maggior parte dei nomi più importanti sull’indice appartengono al settore del greggio e del gas e quelli che non ne fanno parte sono comunque altamente, anche se indirettamente, esposti a questa attività. Non sorprende vedere che le tre performance peggiori sono quelle di produttori petroliferi (Rosneft (MCX:ROSN), Lukoil (LON:LKOHyq) e Tatneft (OTC:OAOFY), tutti giù tra il 13,5% ed il 16%): prezzi del greggio più bassi significano flussi di cassa minori, sebbene l’impatto non sia tanto forte quanto ci si potrebbe aspettare, dal momento che il governo chiede meno tasse quando i prezzi sono bassi. Inoltre, il possesso statale, che di solito pesa sulle valutazioni, agisce da supporto in periodi simili, riducendo il rischio di estremi eventi di credito (Lukoil è privata ma storicamente ha collaborato strettamente con lo stato).
Preoccupa forse di più Gazprom (MCX:GAZP). Il principale produttore di gas al mondo dipende dalle esportazioni in Europa e, fino allo scorso anno, in Cina, per avere un profitto, ma la domanda europea è scesa per via del secondo inverno più caldo della storia e la domanda cinese di gas è crollata nel primo bimestre dell’anno a causa del coronavirus.
Gazprom non ha svelato la formula di prezzo del gas che vende tramite un nuovo gasdotto verso la Cina nordorientale, ma sembra ragionevole affermare che, se il paese sta respingendo i carichi di GNL, sta anche usando qualunque flessibilità ci sia nel contratto per abbassare il prezzo che paga al colosso russo. E questo lascerà poco a Gazprom per onorare i debiti accumulati per la costruzione del gasdotto. Il titolo di Gazprom ha segnato un minimo di 10 mesi questa mattina, ma scendeva già da ottobre.
Ancor più preoccupante per gli investitori è la vista dei titoli azionari focalizzati sul livello nazionale che crollano, trascinati giù dal brusco calo della valuta. Il rublo ha segnato il minimo dal marzo 2016 questa mattina, scendendo a 72,79 contro il dollaro. Le tre grandi catene di supermercati Magnit (LON:MGNTq), Lenta (LON:LNTAq) e X5 Retail (LON:PJPq) segnano tutte tonfi tra l’8,4% e l’11,5%.
L’ultima volta che il rublo era crollato in modo così brusco era stato alla fine del 2015, casualmente proprio l’ultima volta che l’Arabia Saudita aveva dato il via ad una guerra dei prezzi del greggio. Simili periodi di debolezza tendono a durare solo fino a quando i principali esportatori di greggio non tornano al principio di gestire i prezzi del greggio. Tuttavia, spesso comportano l’effetto collaterale di crediti deteriorati e di un inasprimento della disponibilità del credito. Le prossime settimane dimostreranno quanto la pulizia del sistema bancario effettuata dalla banca centrale abbia migliorato la resilienza dell’economia.
Allo stesso tempo, il mercato russo offre ancora delle sacche di forza: Norilsk Nickel (LON:NKELyq), uno dei principali produttori al mondo dei metalli del gruppo platino, continuerà a vedere prezzi alle stelle per il palladio e prezzi forti per nichel e platino; le compagnie minerarie di oro e argento Polyus (LON:PLZLq) e Polymetal (LON:POLYP) possono aspettarsi prezzi da record per la loro produzione e le acciaierie come Novolipetsk (LON:NLMKq) e Severstal (LON:SVSTq) potrebbero avere l’opportunità di sfruttare le interruzioni a breve termine dei rivali cinesi.
Come sempre nel caso della Russia la corsa probabilmente sarà su un terreno accidentato e mai noiosa.