Azioni Usa: allarme Bce su valutazioni elevate. Il confronto con la bolla dot.com

Pubblicato 10.01.2025, 11:42
© Reuters.

Investing.com – La Bce accende i riflettori sui possibili rischi derivanti dalle alte valutazioni delle azioni Usa, in particolare delle magnifiche 7 Alphabet (NASDAQ:GOOGL), Amazon (NASDAQ:AMZN), Apple (NASDAQ:AAPL), Meta (NASDAQ:META), Microsoft (NASDAQ:MSFT), Nvidia (NASDAQ:NVDA)e Tesla (NASDAQ:TSLA).

“A causa delle valutazioni elevate e della significativa concentrazione del mercato, le azioni rimangono esposte a shock avversi”, sottolineano Magdalena Grothe, Ana-Simona Manu e Toma Tomov nel bollettino economico della Banca Centrale Europea.

“Nell’attuale contesto, caratterizzato da un panorama geopolitico in evoluzione, da debito elevato e da incertezza, relativa sia a risultati economici più ampi sia, in particolare, a futuri incrementi di produttività realizzati grazie all’IA, potrebbero essere più probabili spostamenti improvvisi verso posizioni “avverse al rischio””, si legge nel report.

Due anni di rally per Wall Street

Già a novembre il vicepresidente Bce Luis De Guindos aveva avvisato sui rischi derivanti da una forte esposizione ai mercati Usa.

Del resto, da inizio del 2023 Wall Street ha vissuto un rally (quasi) ininterrotto, con un rialzo dei corsi azionari vicino al +60%, prestando poca attenzione alle tensioni geopolitiche e alla stretta monetaria della Federal Reserve.

Il paragone con la bolla dot.com

Una crescita inaspettata che spinge la Bce a un confronto con la bolla dot.com gonfiatasi a cavallo del 2000.

“Come in quel periodo, alimentato dal diffuso entusiasmo per Internet, l’attuale andamento di mercato delle società tech è stato sostenuto da un forte ottimismo riguardo alle nuove tecnologie, come l’intelligenza artificiale”, si legge nel report.

La differenza, tuttavia, sta nel fatto che, mentre la bolla tech degli anni ’90 ha riguardato tante piccole startup, oggi il denaro affluisce soprattutto verso le magnifiche 7 che da sole rappresentano circa un terzo della capitalizzazione di mercato dell’indice S&P 500, rispetto al 17% delle sette maggiori società nell’era dot.com.

Inoltre, secondo gli esperti Bce, oggi “le grandi imprese tecnologiche statunitensi hanno un potere di mercato più ampio e margini di profitto più elevati, pari a circa il 20 per cento, rispetto alla media delle società informatiche statunitensi della fine degli anni ’90, i cui margini di profitto erano compresi tra il 5 e il 10 per cento.

A differenza di molte start-up del periodo “dot.com”, che facevano affidamento sulla leva finanziaria, le “magnifiche sette” dispongono di ampie riserve di liquidità e di un accesso al finanziamento esterno a basso costo, che consente loro di investire in ricerca e sviluppo e di rilevare società e concorrenti di minori dimensioni”.

In altre parole, le barriere all’ingresso (ad esempio gli elevati costi fissi legati alla fabbricazione di chip e ai servizi di cloud e il vantaggio della prima mossa nello sviluppo di modelli linguistici di grandi dimensioni e di motori di ricerca) consentono alle big tech contemporanee di preservare la propria quota di mercato e di acquisire valore, eventualmente a scapito di altre società più piccole.

Cresce il rischio di delusioni e di brusche correzioni

Negli ultimi anni i valori azionari sono stati spinti dall’attese di elevati profitti. Ora, gli analisti di mercato si attendono una crescita degli utili a due cifre per l’indice S&P 500 nel 2025 e nel 2026, ben al di sopra della media di lungo periodo. E anche se le aspettative sono alimentate dagli incrementi di produttività legati all’IA, “una crescita degli utili pari a circa il 18 per cento, attualmente attesa per l’indice S&P 500 nei prossimi anni, è stata realizzata di rado”, avverte la Bce.

Ad esempio, all’epoca della bolla speculativa delle “dot.com”, nel 2000, gli utili attesi erano stati altrettanto elevati, mentre quelli realizzati, nonostante fossero inizialmente ampi, sono in seguito diminuiti in misura significativa. Inoltre, a causa dei fattori strutturali di cui sopra, resta incerta la proporzione dei guadagni legati all’IA che si tradurrà in un vantaggio per il settore delle imprese in generale.

In sostanza, nonostante l’entusiasmo degli investitori, il panorama finanziario rimane incerto, e benché la crescita degli utili sia stata solida in passato, il mercato azionario ora è esposto al rischio di scontrarsi con profitti delle big tech inferiori alle attese. Una serie di delusioni che potrebbe generare correzioni brusche e improvvise.

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