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BREAKINGVIEWS - Tim, a Luigi Gubitosi serve qualche vittoria, e in fretta

Pubblicato 18.01.2019, 15:08
Aggiornato 18.01.2019, 15:10
© Reuters. Il logodo di Telecom Italia a Milano

di Lisa Jucca

LONDRA (Reuters) - Luigi Gubitosi può scegliere. Telecom Italia (MI:TLIT) veleggia verso un netto declino delle sue fortune in patria, e il suo nuovo numero uno deve costruire credibilità. Due maniere per farlo sono quotare la rete telefonica fissa oppure vendere alcuni asset periferici, e il crollo del 9% registrato sul mercato oggi dovrebbe spingerlo a imboccare la seconda strada.

Gubitosi ha bisogno di un nuovo piano industriale per la riunione del board del 21 febbraio. Un momento cruciale per determinare chi prevarrà nel voto degli investitori fissato il prossimo 29 marzo su richiesta di Vivendi (PA:VIV), lo scontento principale azionista.

Il gruppo di Vincent Bolloré sta combattendo contro Elliott di Paul Singer, investitore attivista e azionista di Tim. Il conglomerato francese dei media vuole riguadagnare il controllo del board perso in maggio, ed è scontento del licenziamento dell'ex ad Amos Genish, avvenuto in novembre.

Il primo grande problema di Tim è il suo debito da 25 miliardi di euro, che supera di molto la capitalizzazione di mercato pari a 10 miliardi. Se la leva finanziaria scendesse sotto la soglia di 2,7 volte l'Ebitda, le agenzie di rating valuterebbero meglio l'azienda. Ma questo rapporto è oggi superiore alle tre volte.

Quotare o vendere la rete di Telecom Italia, opzione caldeggiata da Elliott, potrebbe aiutare Gubitosi a raggiungere il suo obiettivo. Ma la differenza tra le stime sull'asset, che vanno dai 7 ai 15 miliardi, è incredibilmente ampia.

Il processo di quotazione sarebbe lento e sotto l'assedio dell'incertezza regolatoria, e si scontrerebbe con la feroce competizione del rivale Open Fiber.

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Una vittoria più rapida potrebbe essere ottenuta attraverso la vendita di quote minoritarie di asset ambiti, quali ad esempio Inwit e l'unità brasiliana quotata.

Perdere il controllo di questi asset non è consigliabile. Il gruppo rinuncerebbe a consolidare l'Ebitda di Tim Brasile, che frutta all'azienda italiana un miliardo e mezzo di euro. Possedere le torri può invece rivelarsi utile nell'ottica della tecnologia ultra veloce 5G.

D'altra parte, cedere il 16% di Tim Brasile e il 9% di Inwit permetterebbe a Telecom Italia di consolidare entrambi i business, mettendo in cassa, con i prezzi correnti, circa 1,5 miliardi di euro. Aggiungendo la rete subacquea Sparkle, l'ammontare salirebbe a 2,2 miliardi.

Tutto ciò non permetterebbe comunque di portare il debito sotto la soglia di 2,7 volte l'Ebitda, e non risolverebbe l'altro grande grattacapo di Gubitosi, vale a dire come far aumentare le entrate.

Ma con le azioni Tim che hanno perso quasi un terzo del valore lo scorso anno e l'ingresso sul mercato di Iliad, che ha inasprito la competizione interna, il primo imperativo del nuovo Ad è acquistare slancio.

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