Di Mauro Speranza
Investing.com – L’operazione tra Intesa Sanpaolo (MI:ISP) e Ubi Banca (MI:UBI) sembra essere solo la prima delle grandi fusioni tra istituti italiani, inaugurando una stagione che potrebbe vedere la creazione di nuovi giganti bancari nel nostro paese, al pari di altre nazioni in Europa.
“La spinta domestica alle aggregazioni bancarie è stata data dall'operazione Intesa-Ubi, che crea un colosso talmente distante dai suoi competitor che deve per forza far pensare tutti noi ad ulteriori aggregazioni”, affermava nelle scorse settimane l’ad di Banco Bpm, Giuseppe Castagna, nel corso di un convegno.
Il cosiddetto ‘Risiko Bancario’ italiano, dunque, resta per lo meno al centro delle attenzioni degli istituti italiani, alla luce anche delle ultime novità di questi giorni che comprendono la cooptazione di Pier Carlo Padoan nel board di Unicredit che potrebbe portare alla contromossa della seconda banca italiana, a rischio ridimensionamento dopo la nascita del gigante Intesa-Ubi.
Le influenze e le scelte di Padoan, destinato ad assumere la presidenza del cda di UniCredit (MI:CRDI), potrebbero condizionare anche il futuro di altri istituti, più o meno direttamente condizionati da chi sarà scelto come ‘partner’ di una eventuale fusione: in ballo il destino di Banca Monte dei Paschi di Siena (MI:BMPS), Banco Bpm (MI:BAMI) e Credit Agricole (PA:CAGR). Salvo, ovviamente, sorprese dei prossimi mesi.
Unicredit e Monte dei Paschi di Siena
Padoan è stato eletto a Siena sotto le insegne del Partito Democratico e questo potrebbe avere un significato importante. “L’ex ministro è uno dei maggiori conoscitori del caso Mps, avendone curato prima il tentativo di salvataggio privato e poi la nazionalizzazione. Ora potrebbe trovarsi a gestirne la privatizzazione dal lato del compratore”, scrive il Sole 24 Ore.
Alcune indiscrezioni giornalistiche raccontano di alcuni sondaggi del governo svolti verso i vertici di Unicredit per valutare la loro disponibilità a rilevare parte della quota detenuta dal Ministero del Tesoro in Mps (68% totale), da dismettere nei prossimi mesi dopo l’accordo con la UE. L’operazione potrebbe portare a Unicredit crediti fiscali di circa tre miliardi di euro.
Da Credit Suisse accolgono “con favore la nomina di un presidente di alto profilo” anche se continuano “a credere che Unicredit si atterrà a una strategia di crescita organica nel breve termine, come ripetutamente affermato dal suo ceo Mustier”.
Questi esperti vedono “Unicredit adesso focalizzata a prepararsi per l’ondata di npl da Covid, puntando a ripristinare la strategia di restituzione del capitale annunciata nel piano industriale Team23”, e non ci sono “in vista ‘catalyst’ sul titolo”.
Banco BPM e Credit Agricole
Dopo Mps, l’altro candidato ad entrare in operazioni di fusione è Banco Bpm, così come confermato dalle parole di Castagna. Per mesi l’istituto era stato al centro di rumor e indiscrezioni circa una possibile operazione con Unicredit e a questo punto Banco Bpm potrebbe rivolgersi altrove.
Dalla Reuters scrivono che l’istituto guidato da Castagna starebbe esplorando tutte le opzioni per una possibile fusione, concentrandosi particolarmente sui francesi di Credit Agricole.
Dal quotidiano romano Il Messaggero arrivano a scrivere che le due banche avrebbero firmato un accordo di riservatezza per discussioni formali su una possibile fusione.
Dalle prime analisi, secondo il giornale, Banco Bpm potrebbe rappresentare il 55-60% della business combination che nascerebbe da un'offerta di scambio fra Piazza Meda e Credit Agricole Italia.
Al momento, ricorda il Messaggero, non ci sarebbero advisor con mandati formali, ma Lazard starebbe aiutando il team dell'AD Giuseppe Castagna e JP Morgan (NYSE:JPM) la banca francese.
All'inizio di ottobre le fonti hanno comunicato alla Reuters che la banca francese stava valutando una possibile offerta sulla banca italiana.
Gli analisti di Intesa Sanpaolo ritengono Banco Bmp “un solido candidato per il consolidamento”, grazie alle sue caratteristiche di “valutazioni basse (P/TBV di 0,24 volte), presenza nelle regioni più ricche del Paese, un bilancio de-risked (NPE lorda ratio potenzialmente inferiore all’8% a fine anno), una solida base di capitale (Cet1 Ratio fully loaded al 13,3%), plusvalenze incorporate in portafogli di titoli di Stato e partecipazioni, e attività fiscali differite (4,4 miliardi di euro)”.
Banco Bpm “è ben attrezzata per resistere al macro rallentamento, anche alla luce del processo di de-risking che ha attuato”, sottolineano da Mediobanca (MI:MDBI) Securities ma mantengono una raccomandazione ‘underperform’ poiché ritengono “che non corrisponda ai criteri che abbiamo identificato che consentiranno alle banche di sovraperformare l’indice, ad esempio Cet1 più forte e una minore volatilità degli Eps”.