MILANO (Reuters) - L'ad di Eni Claudio Descalzi è indagato dalla procura di Milano insieme al suo predecessore Paolo Scaroni nell'ambito di un'inchiesta per presunta corruzione internazionale da parte della società in Nigeria nel 2011.
Lo riferisce una fonte giudiziaria, confermando quanto anticipato stamani dal Corriere della Sera. Anche Eni - ribadendo la correttezza del proprio operato - in una nota conferma che l'AD Descalzi è sotto indagine, insieme al direttore operazioni e tecnologie Roberto Casula.
La fonte aggiunge che nell'inchiesta è indagato in qualità di mediatore anche l'uomo d'affari Luigi Bisignani, già coinvolto nell'indagine sulla cosiddetta P4, di cui parte della documentazione, trasferita a Milano, ha dato nuovo impulso anche all'inchiesta su Eni. Nel periodo dei fatti contestati Scaroni era AD e Descalzi capo della divisione Oil di Eni.
In una nota, Bisignani si dice "cornuto e mazziato"."Come si evince chiaramente dagli atti e dalle intercettazioni che circolano da tempo, ho avuto solo modo di segnalare anni fa all'Eni un'opportunità che mi veniva rappresentata e che è stata peraltro accantonata", spiega. "Sono quindi rimasto assolutamente estraneo ad ogni trattativa e a qualsiasi tipo di accordo e di remunerazione, così come ho chiarito più volte ai pubblici ministeri di Napoli e Milano".
Non è stato possibile raggiungere gli altri interessati per un commento.
INCHIESTA RELATIVA AL GIACIMENTO OPL-245
Nell'ambito dell'inchiesta, di cui si è avuta notizia a luglio, erano già stati notificati a Eni un avviso di garanzia come persona giuridica in base alla legge 231 sulla responsabilità delle aziende per gli illeciti commessi dal management e una richiesta di esibizione di una serie di atti relativi al "resolution agreement" del 27 aprile 2011 fra Eni e il governo nigeriano per il giacimento petrolifero offshore Opl-245.
La fonte spiega che il tribunale di Londra ha sequestrato in via preventiva - su richiesta della procura di Milano - un conto "riconducibile alla società Malabu", che deteneva i diritti della concessione petrolifera, con 83 milioni di dollari, mentre nei mesi scorsi altri 110 milioni sono stati sequestrati dalla Svizzera.
Per gli inquirenti, era Dan Etete, ex ministro dell'Energia nigeriano il vero titolare, attraverso prestanomi, della Malabu, a cui il governo nigeriano girò il denaro ricevuto da Eni.
Il tribunale di Londra - aggiunge la fonte - avvierà lunedì prossimo un procedimento di convalida, che si articolerà in diverse udienze, anche con la futura partecipazione della procura di Milano, a cui potranno intervenire coloro che ritengono di avere titolo sul denaro sequestrato.
ENI: PAGATO SOLO GOVERNO NIGERIANO
Nella nota diffusa oggi, Eni "ribadisce la sua estraneità da qualsiasi condotta illecita", sottolineando di aver stipulato gli accordi per l'acquisizione del blocco "unicamente dal governo nigeriano e dalla società Shell".
"L'intero pagamento per il rilascio a Eni e Shell della relativa licenza è stato eseguito unicamente al governo nigeriano", aggiunge il comunicato, precisando che da alcuni "documenti notificati ieri alla società nell'ambito di un procedimento estero che dispone il sequestro di un conto bancario di una società terza su richiesta della procura di Milano, risultano indagati" Descalzi e Casula.
(Emilio Parodi)
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