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Eni-Shell Nigeria, Russia scrive a Italia perché venga assolto suo cittadino imputato

Pubblicato 05.12.2018, 19:10
Aggiornato 05.12.2018, 19:15
© Reuters. La sede di Eni a Roma

MILANO (Reuters) - Il ministero degli Esteri russo ha inviato un messaggio alla Farnesina affinché le autorità italiane si mostrino "ragionevoli" e, in sostanza, assolvano uno degli imputati per corruzione internazionale del processo in corso a Milano sulle presunte tangenti di Eni (MI:ENI) e Shell in Nigeria, cioè il cittadino ed ex ambasciatore russo Ednan Agaev.

Il fatto, che il pubblico ministero Sergio Spadaro ha definito "quantomeno sorprendente", è emerso in aula all'udienza di oggi quando il pm ha fatto acquisire al tribunale l'atto, cioè la lettera tradotta dal russo, la missiva di trasmissione dal ministero degli Esteri italiano a quello della Giustizia, e la nota con cui il ministero della Giustizia chiede informazioni alla procura di Milano.

"La procura - ha detto in aula ai giudici il pm Spadaro, fra lo stupore di tutte le parti presenti - ha quindi semplicemente trasmesso al ministero copia del decreto di rinvio a giudizio, che riguarda anche Agaev".

Al momento un portavoce della Farnesina non è stato raggiungibile per un commento.

I documenti depositati al tribunale, che Reuters ha potuto leggere, partono dalla lettera del ministero degli Esteri con cui trasmette al ministero della Giustizia "in allegato un documento consegnato dal ministro degli Esteri della Federazione russa Sergey Lavrov, al signor ministro (italiano, ndr) in occasione dell'incontro avuto a Mosca lo scorso 8 ottobre, e qui pervenuto con messaggio di riferimento, concernente un apparente procedimento giudiziario della Procura di Milano, relativo a un caso di corruzione internazionale che coinvolgerebbe fra gli indagati anche il cittadino russo ed ex ambasciatore Ednan Tofik Ogly Agaev".

"In vista di una predisposizione di una nota di risposta per il ministero degli Esteri russo, si sarà grati a codesto ufficio se vorrà raccogliere con ogni consentita urgenza elementi informativi sulla vicenda e sullo stato del procedimento giudiziario che siano condivisibili con le controparti russe", conclude.

In realtà "l'apparente procedimento giudiziario della procura di Milano" è un processo pubblico che si sta svolgendo davanti alla sesta sezione del Tribunale di Milano, e Agaev non è indagato ma è uno degli imputati.

Nella lettera di cui è stata allegata e depositata agli atti la traduzione dal russo, il ministero degli Esteri russo, dopo aver sintetizzato i fatti che vedono imputato l'ex ambasciatore, scrive che "E.T Agaev è una persona ben nota, ha ricoperto degli incarichi importanti nello stato. Negli ultimi anni ha collaborato con famosi studi legali e partecipato a numerosi progetti internazionali".

"La parte russa - prosegue la lettera - è convinta che lui non ha compiuto nessun atto illecito. A questo proposito speriamo che le Autorità italiane dimostrino l'approccio ragionevole e dopo le rispettive verifiche trovino la possibilità di cambiare lo stato di E.T Agaev da indagato a testimone".

Agaev è imputato di corruzione internazionale a margine delle sue attività di intermediazione, come titolare della International Legal Consulting, fra Shell e l'ex ministro del Petrolio nigeriano e poi proprietario della società Malabu Dan Etete. Agaev, come tutti gli imputati del processo in corso, ha sempre respinto le accuse.

Il procedimento in corso vede imputate le società Eni e Shell e altre 13 persone fra le quali l'AD di Eni Claudio Descalzi (nella sua veste, all'epoca dei fatti, di direttore generale della divisione Exploration e Production), l'ex AD Paolo Scaroni e l'ex presidente della Shell Foundation ed ex direttore esecutivo per esplorazione e produzione di Shell, Malcolm Brinded.

L'accusa ipotizza il pagamento di tangenti per 1,092 miliardi di dollari su 1,3 miliardi di dollari versati nel 2011 da Eni e Shell su un conto del governo nigeriano per l'acquisto della licenza per l'esplorazione del campo petrolifero Opl-245 in Nigeria. Il periodo dei fatti contestati va dall'autunno 2009 al 2 maggio 2014.

Tutti gli imputati hanno sempre respinto le accuse, sottolineando che il prezzo dell'acquisto fu versato su un conto ufficiale del governo di Lagos, e che il successivo trasferimento di gran parte del denaro su altri conti, in particolare su quello della società Malabu (che la procura indica appartenere all'ex ministro Etete, fra gli imputati), era al di fuori della sfera d'influenza delle società acquirenti.

All'udienza di oggi, nel pomeriggio era stato convocato come testimone l'ex console italiano in Nigeria, ora in pensione, Antonio Giandomenico, di Udine, ma non si è presentato lamentando in una lettera che non gli fossero state pagate le spese di viaggio.

Il Tribunale ha così disposto l'accompagnamento coattivo per la prossima udienza del 12 dicembre.

© Reuters. La sede di Eni a Roma

(Emilio Parodi)

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