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Eni-Shell, procura e Nigeria fanno appello contro assoluzioni primo grado

Pubblicato 29.07.2021, 14:27
Aggiornato 29.07.2021, 17:01
© Reuters. Il logo Eni presso una stazione di servizio a Roma.  REUTERS/Alessandro Bianchi

MILANO (Reuters) -La procura di Milano e il governo della Nigeria hanno depositato oggi il ricorso in appello contro la sentenza del Tribunale che aveva assolto Eni (MI:ENI), Shell e tutti gli imputati nel processo sulle presunte tangenti nel paese africano.

Lo riferiscono fonti giudiziarie e legali e lo si evince dal documento di impugnazione della parte civile, che Reuters ha potuto leggere.

Lo scorso 17 marzo il Tribunale presieduto dal giudice Marco Tremolada aveva assolto "perché il fatto non sussiste" le due società e tutti gli imputati fra i quali l'AD di Eni Claudio Descalzi, l'ex AD Paolo Scaroni e quattro ex dirigenti di Shell, dall'accusa di aver pagato 1,092 miliardi di dollari di tangenti su 1,3 miliardi di dollari versati su un conto del governo di Abuja per lo sfruttamento del giacimento Opl-245 nel 2011.

I fatti contestati andavano da fine 2009 al 2014.

Eni e Shell avevano espresso la loro soddisfazione per la sentenza in due note separate, mentre la Nigeria in un comunicato si era detta delusa, aggiungendo che avrebbe atteso le motivazioni del verdetto per decidere il da farsi.

Gli imputati hanno sempre respinto le accuse, sottolineando che il prezzo dell'acquisto fu versato su un conto ufficiale del governo e che il successivo trasferimento di oltre un miliardo su altri conti era al di fuori della sfera d'influenza delle società acquirenti.

Un portavoce Eni ha detto che la società "prende atto della decisione della Procura di Milano e della parte civile Repubblica della Nigeria di presentare appello contro l'assoluzione con formula piena pronunciata dal Tribunale di Milano il 17 marzo 2021".

"In attesa di leggere i motivi dell’appello, Eni conferma la propria totale estraneità rispetto ai fatti contestati e ripone la massima fiducia che la magistratura giudicante in sede di appello possa rapidamente confermare le conclusioni raggiunte nell’ambito del primo grado di giudizio. Fatti, peraltro, oggetto di accertamento definitivo in secondo grado in altro procedimento", ha detto il portavoce.

Un portavoce Shell ha detto: "Abbiamo sempre sostenuto che l'accordo del 2011 era legale e siamo lieti che il tribunale abbia ritenuto che non ci fosse alcun caso di cui rispondere per Shell o i suoi ex dipendenti".

"Esamineremo l'appello che è stato presentato. Operare con integrità è fondamentale per i nostri valori e restiamo impegnati a rispettare alti standard etici in tutta la nostra attività", aggiunge.

Il Tribunale aveva depositato le motivazioni della sentenza il 9 giugno, data a partire dalla quale sia la procura che la parte civile Nigeria avevano facoltà di presentare ricorso in secondo grado.[nL5N2NR474]

Proprio nelle motivazioni i giudici avevano rivolto pesanti critiche all'operato dei pm, a difesa dei quali si era poi mosso ufficialmente il procuratore capo.

© Reuters. Il logo Eni presso una stazione di servizio a Roma.  REUTERS/Alessandro Bianchi

Il 10 giugno scorso era poi emerso che i due pubblici ministeri del processo, il procuratore aggiunto Fabio De Pasquale e il sostituto Sergio Spadaro, sono indagati dalla procura di Brescia per omissione d'atti d'ufficio, anche in relazione alla conduzione di alcuni aspetti dell'inchiesta sulle presunte tangenti in Nigeria.

Sulla gestione del caso Eni Nigeria sono stati avviati accertamenti anche dal ministero della Giustizia e dal Csm.

(Emilio Parodi, in redazione a Roma Stefano Bernabei)

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