MILANO (Reuters) - La misurazione del Pil italiano, soprattutto a ridosso del periodo di riferimento, non riesce a cogliere un numero crescente di fenomeni economici.
Lo rileva il Centro Einaudi nel suo "Rapporto sull'economia globale e l'Italia", partendo dall'ampia revisione, anche qualitativa, annunciata da Istat lo scorso settembre.
"Nel 2014 si trovano revisioni positive del valore aggiunto superiori all'1% per un'ampia gamma di servizi tra cui il commercio, le comunicazioni, le attività finanziarie e assicurative, le attività professionali... una sostanziale revisione riguarda anche la fornitura di servizi di accesso a internet" rilevano gli economisti che hanno collaborato con Mario Deaglio alla stesura del rapporto.
Guardando agli ultimi dati, la variazione nulla del Pil nel secondo trimestre suscita perplessità, secondo l'economista torinese, visto che nello stesso periodo le famiglie italiane hanno comprato più case e più auto, acquisti che sostengono anche altre voci del Pil.
Più in generale il Pil è un indicatore sintetico sempre più insoddisfacente del benessere economico e anche della congiuntura perché troppo concentrato sugli scambi di mercato.
La lunga crisi economica ha infatti dato il via a cambiamenti strutturali nei comportamenti di consumo e di produzione, soprattutto per i servizi, che non passano dal mercato.
Il ruolo della tecnologia, prima tesa a moltiplicare i beni riducendo i costi, è ora anche centrale per fenomeni come la sharing economy che coinvolge la fascia di popolazione più giovane interessata all'uso dei beni ma non più in modo esclusivo.
Difficile è poi la misurazione di servizi venduti online, dai biglietti di viaggio alle assicurazioni ai servizi bancari. Una quota crescente di consumi alimentari è poi sostituita da elettrodomestici che ne permettono la produzione e dalla produzione di ortaggi per l'autoconsumo.
"L'emigrazione dal Pil è meno occasionale e più strutturale di quanto sembri. La necessità aguzza l'ingegno e l'esclusione forzata dal mercato del lavoro .. offre alle produzioni non comprese nel Pil una buona dose di lavoratori 'gratuiti' ma in grado di produrre un'utilità economica reale" spiega il rapporto.