di Massimo Gaia
MILANO (Reuters) - Tutto congelato in attesa del ritorno dalle vacanze estive. Come da tradizione, gli investitori in Italia non cambiano l'asset allocation nel mese di agosto, di fatto rimandando a settembre eventuali decisioni sui portafogli.
E' il quadro generale che emerge dal consueto sondaggio condotto da Reuters fra alcuni primari asset manager attivi in Italia.
La media dei pesi di un portafoglio bilanciato globale dall'inizio dell'indagine, partita nell'ottobre 2012, rivela una sostanziale stabilità delle allocazioni alle principali asset class nel mese di agosto. Si nota, però, un progressivo incremento del peso degli asset alternativi (rispetto ad azioni, bond, cash e immobili), sintomo probabilmente di una caccia al rendimento costante, sempre più complessa e articolata su scala globale.
Per quanto riguarda il confronto tra agosto e luglio, l'azionario è risalito al 45,1% dal 44,5% (proforma), mentre i bond sono scesi al 39,3% dal 39,5%. In calo anche il cash (al 7,6% dall'8,1%). Stabili immobiliari (0,4%) e asset alternativi (7,6%).
Simile lo scenario che emerge dal sondaggio europeo, dove, come di consueto, spicca un peso maggiore dell'immobiliare e un'esposizione inferiore ai bond rispetto alla sola Italia.
TENSIONI GEOPOLITICHE OSCURATE DA RIPRESA USA
Di certo non si è trattato di un'estate tranquilla per i mercati. Le tensioni geopolitiche (Ucraina-Russia, Gaza, Iraq, gli scontri in Siria e Libia) hanno fatto schizzare la volatilità.
Se, però, luglio e i primi giorni di agosto - complici, appunto, soprattutto le crisi internazionali - sono stati caratterizzati dalle prese di beneficio sulle borse, da un paio di settimane il denaro è tornato a concentrarsi sull'equity. E l'indice S&P 500 ha superato quota 2.000 punti per la prima volta nella storia.
Gli Stati Uniti sembrano aver consolidato la ripresa economica, anche se il presidente della Fed, Janet Yellen, nell'intervento a Jackson Hole, è stata piuttosto cauta rispetto a un restringimento dell'attuale politica monetaria, privilegiando il tema del mercato del lavoro. I mercati continuano così a interrogarsi su quando la Federal Reserve comincerà a stringere i cordoni delle politiche monetarie ultra-accomodanti.
Gli investitori temono che l'attuale situazione eccezionale possa cambiare prima della seconda parte del 2015: diversi gestori, infatti, indicano un passo indietro della Fed come il maggiore rischio che grava sull'asset allocation.
Diversa la situazione della zona euro. Agosto è stato segnato dalla pubblicazione dei Pil del secondo trimestre. L'economia dell'area della moneta unica ha archiviato il periodo aprile-giugno con crescita pari a zero.
E' emerso così un quadro sconfortante, fatto di crescita nulla o negativa e rischi di deflazione. La conseguenza è stato un rilancio del dibattito politico che vede contrapposti i paesi che chiedono di allentare le regole di bilancio (uno schieramento guidato da Francia e Italia) e chi difende la linea del rigore e pretende che le 'cicale' europee prima facciano le riforme strutturali a lungo rinviate (un fronte dominato dalla Germania).
Tirato per la giacchetta dai due schieramenti, il presidente della Bce, Mario Draghi, al meeting dei banchieri centrali di Jackson Hole, ha pronunciato parole che sono state interpretate favorevolmente dai mercati.
DEFLAZIONE SPETTRO PIU' PAUROSO
Ora, però, bisognerà verificare quali e quante armi di politica monetaria Draghi tirerà fuori il 4 settembre dall'arsenale di Francoforte per scongiurare una ricaduta in recessione della zona euro, un rischio che viene indicato da diversi gestori che hanno partecipato al sondaggio.
"La preoccupazione maggiore è legata alle tensioni geopolitiche", dice Andrea Ladogana di Bnp Investment Partners Sgr. "Inoltre, i dati economici recenti in Europa non sono incoraggianti. Soltanto l'America sembra fornire segnali di ripresa".
Ma il più temibile fra gli spettri che s'aggirano per l'Europa si chiama deflazione. Donatella Principe, responsabile del business istituzionale di Schroders Italia Sim, spiega che la deflazione "è il rischio principale, associato a tre scenari diversi: debolezza dell'attività economica della zona euro che scivola in deflazione; atterraggio pesante della Cina; stagnazione cronica", ovvero, articola Principe, "mancata ripresa degli investimenti per via della cautela degli imprenditori sulle prospettive economiche, nella convinzione che i ritorni reali siano inferiori al costo del capitale, con una concentrazione crescente dei redditi nelle mani di benestanti con bassa propensione ai consumi".
Sul fronte dell'azionario, guardando ai settori, il rischio che i timidi segnali di ripresa della zona euro siano abortiti definitivamente si traduce in un sottopeso dei ciclici (materials, utilities e consumer staples). Sovrappesati finanziari e IT.
Da Pioneer Investments, peraltro, fanno notare che la situazione dei mercati è talmente fluida da rendere poco sensata un'allocazione settoriale dell'equity: il gestore privilegia lo stock picking individuale.
Per quanto riguarda il portafoglio obbligazionario, risale il peso dei titoli sovrani, che per gli investitori italiani significa essenzialmente bond tricolori, mentre cala l'esposizione alle emissioni corporate investment grade. Guardando all'articolazione geografica di questo portafoglio, spicca il boom della categoria 'altri', conseguenza della decisione di Pioneer Investments di inserire Usa e Giappone in un'unica casella 'International'.
Hanno partecipato al sondaggio Aletti Gestielle Sgr, Anima Sgr, Azimut Sgr, BNP Paribas Investment Partners Sgr, Euromobiliare AM Sgr, Credit Suisse AM, Eurizon Capital Sgr, BG Sgr, Pioneer Investments, Schroders, Sella Gestioni, Zenit Sgr.
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