di Massimiliano Di Giorgio
ROMA (Reuters) - I commissari di Ilva puntano a giungere a metà maggio al patteggiamento nell'inchiesta sul disastro ambientale provocato dallo stabilimento di Taranto, per rafforzare la nuova immagine d'integrità della più grande azienda italiana.
Proprio in questi giorni, invece, è attesa una decisione del tribunale di Milano che dovrebbe eliminare il rischio di una denuncia per aiuti di Stato da parte della Commissione Europea.
Ieri i legali di Ilva hanno preannunciato la richiesta di patteggiamento a Taranto dove l'azienda è accusata, in base alla legge 321 sulla responsabilità delle aziende, di diversi reati, tra cui associazione a delinquere, inquinamento, corruzione. E ora sono al lavoro coi magistrati - come conferma una fonte giudiziaria - per trovare un accordo che possa essere approvato rapidamente dal giudice per le indagini preliminari.
"Ci vogliamo tirare fuori da questo processo perché non ci piace e vogliamo avere certezze", ha detto a Reuters una fonte di Ilva.
Secondo i magistrati di Taranto, l'azienda avrebbe non soltanto inquinato, provocando nel corso degli anni alcune centinaia di morti, ma alcuni suoi ex dirigenti (che respingono però le accuse) avrebbero impedito, anche con la corruzione di funzionari e politici, che le autorità locali intervenissero in alcun modo a limitare le attività dello stabilimento.
Il patteggiamento "darà la garanzia a Ilva di chiudere questo processi con una sanzioni definitiva e ci consentirà di uscire da un processo del genere in discontinuità con la gestione precedente", quella della famiglia Riva, ancora ufficialmente proprietaria del 90% di Ilva.
Il patteggiamento prevede una sanzione proporzionata al valore dell'impresa, dunque "sarà una somma importante", dice la fonte. Ma in questo modo l'azienda, che sta anche aspettando l'intervento pubblico sotto forma di un fondo turn around che prenderà in affitto gli impianti, potrà dare certezza ad eventuali investitori e acquirenti sull'assenza di pendenze giudiziarie.
Intanto, a Milano, si attende il pronunciamento del gip sulla richiesta di convertire gli 1,2 miliardi di euro sequestrati alla famiglia Riva (per i giudici si tratterebbe di soldi di Ilva fatti figurare come patrimonio personale nel rientro di capitali "scudati"), da aumento di capitale a titoli obbligazionari.
La misura serve a facilitare il rientro della somma, attualmente bloccata in Svizzera, che verrà impiegata per il risanamento ambientale dell'azienda. Ma dovrebbe anche aiutare a superare i dubbi della Ue su presunti aiuti di Stato a Ilva, come conferma la fonte aziendale.
A novembre, infatti, la Commissione aveva chiesto esplicitamente al governo italiano se col trasferimento degli 1,2 miliardi direttamente a Ilva sarebbe diventato azionista dell'azienda. Ma trasformare quei soldi in titoli obbligazionari (il cui credito avrebbe diritto di precedenza nell'eventuale liquidazione di Ilva), senza che finiscano nel capitale, dovrebbe essere sufficiente a superare i dubbi di Bruxelles.