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Mediobanca, Bollorè lascia patto, si studia accordo 'light' fino a 2020

Pubblicato 27.09.2018, 16:31
Aggiornato 27.09.2018, 16:31
© Reuters. Vincent Bollore, il finanziere francese presidente del gruppo Vivendi

di Gianluca Semeraro e Paola Arosio

MILANO (Reuters) - L'imprenditore francese Vincent Bolloré ha annunciato la disdetta anticipata dal patto di sindacato di Mediobanca (MI:MDBI), che ora valuta la costituzione per i prossimi due anni di un accordo tra i soci più leggero e con caratteristiche diverse come alternativa all'opzione public company già dal prossimo anno.

La disdetta di Bolloré, nel patto da quasi 20 anni, è arrivata a sorpresa ieri in serata ed è stata comunicata stamani. L'imprenditore detiene il 7,9% e con la sua uscita fa scendere il patto al 19,63%, sotto la soglia del 25% decretandone quindi lo scioglimento automatico dal primo gennaio 2019.

Al di là della portata storica della fine del patto di sindacato di Mediobanca (è in vigore con varie trasformazioni da 60 anni), resta da valutare anche quali ripercussioni questo potrà avere su Generali (MI:GASI), di cui finora Mediobanca è stata baluardo contro appetiti ostili con il suo 13%, quota destinata, nelle intenzioni dichiarate dal Ceo Alberto Nagel nell'ultimo piano industriale, a scendere al 10% entro fine giugno 2019.

Oggi si è tenuta l'assemblea del patto, appuntamento annuale fissato da tempo, che ha semplicemente preso atto della disdetta di Bollorè senza discutere delle prossime mosse.

"C'è stata una presa d'atto", ha infatti dichiarato al termine della riunione Giuseppe Lucchini, che tramite Sinpar è presente nel patto con lo 0,38%.

Oltre a Bollorè nei giorni scorsi anche Italmobiliare, holding della famiglia Pesenti, aveva disdettato l'accordo sullo 0,98% detenuto in Piazzetta Cuccia.

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AL VIA CONSULTAZIONI PER PATTO LIGHT CON POCO MENO 20%

In una nota diffusa al termine della riunione si legge che l'assemblea "ha affidato al comitato il compito di sondare l'interesse dei partecipanti a individuare alternative alla mera decadenza a fine anno dell'accordo".

Tra le ipotesi alternative alla public company, secondo quanto riferisce una fonte vicina alla situazione, c'è quella di un nuovo patto che vincoli una quota poco inferiore al 20% e che duri fino al 2020, quando verrà rinnovato il Cda di Mediobanca con la nuova governance che prevede che la lista per il nuovo board sia presentata dal consiglio uscente. Allo scopo verrà sondata la disponibilità dei diversi soci.

Quest'ipotesi non potrà prescindere dal consenso del primo azionista UniCredit (MI:CRDI), che ha l'8,4% e potrebbe quindi vedere la sua influenza aumentare sensibilmente.

La scorsa estate però rumors insistenti indicavano la banca guidata dal Ceo Jean Pierre Mustier come uscente. Lui stesso ha definito Mediobanca come partecipazione finanziaria e non strategica pur non nascondendo al contempo una certa attenzione al futuro di Generali, che deve restare "italiana, indipendente e internazionale", come ha più volte dichiarato.

Di certo, come osserva una fonte vicina alla situazione, la mossa di Bolloré è "come uno 'scivolo' per Jean Pierre Mustier" in quanto ora "UniCredit non può più essere accusata di avere guastato la festa a Mediobanca".

Una seconda fonte vicina alla situazione non esclude che sia possibile un patto "light" senza UniCredit, quindi con poco più del 10%, ma tutto è ancora da vedere.

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DESTINO PUBLIC COMPANY SEGNATO, BOLLORE' PER ORA NON VENDE

Il destino di Mediobanca come public company era comunque già segnato e frutto di un percorso avviato da tempo: nel 2003, il patto controllava il 57%, mentre negli anni successivi ha visto un progressivo alleggerimento della percentuale nel capitale con uscite anche eccellenti come quella del gruppo Fiat (MI:FCHA), di Tim o della stessa Generali.

L'evoluzione dell'azionariato va di pari passo con il cambiamento di pelle di Piazzetta Cuccia avviato con la regia di Nagel: da pivot in tutte le grandi partite della finanza italiana a gruppo bancario in cui l'investment banking è soltanto uno dei tre pilastri dell'attività che vede un peso crescente del wealth management.

Nella nota di stamani che annunciava l'uscita di Bolloré dal patto si spiega che "la scelta è collegata al crescente impegno finanziario del gruppo Bolloré (PA:BOLL) in Vivendi".

Il gruppo francese dice che intende "mantenere in portafoglio la sua quota, seppur al di fuori dell'accordo" ed esprime "sostegno all'attuale strategia e pieno supporto al suo management".

La cessione dell'8% circa di Mediobanca agli attuali prezzi di Borsa frutterebbe attorno a 635 milioni.

Secondo fonti vicine alla situazione, l'uscita di Bolloré deve essere vista in chiave "storica", considerando che il finanziere è stato nel patto per circa 20 anni e non è legata alla sua presenza in Tim e Mediaset (MI:MS), nelle quali resta azionista di lungo termine.

-- Ha collaborato da Parigi Gwenaelle Barzic

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