Quello che è successo la settimana scorsa in Borsa a Milano e sui BTP fornisce un buon esempio delle contraddizioni di questa fase. Segnali di cautela dalle trimestrali USA, scenari a facce opposte in Europa.
CRDI
QUALCOSA NON TORNA TRA SPREAD E FAME DI BTP
Il giorno dopo i giornali ci spiegano che Milano è affondata con le banche perché la UE e il FMI hanno abbassato le stime di crescita italiana facendo salire lo spread. Ma erano informazioni disponibili in prima pagina degli stessi giornali già giovedì mattina, e non impedivano a Unicredit di salire del 5%. E poi c’è lo spread che si riavvicina a 300. Anche qui c’è qualcosa che non torna. Se è vero che lo spread alto segnala la percezione del rischio che l’Italia potrebbe non onorare il debito, allora come mai solo mercoledì 6 febbraio ben 400 investitori di tutto il mondo si sono messi in fila per comprare il BTP a 30 anni mettendo sul piatto offerte per oltre 40 miliardi, vale a dire in media 100 milioni a testa, pari a ben cinque volte l’importo offerto? Il trentennale è stato assegnato con una cedola del 3,85%, certo non disprezzabile di questi tempi, ma non troppo più alta del 3% che offre il titolo equivalente del Tesoro USA. Forse la storia del rischio emittente alla fine è un’ottima scusa per spuntare rendimenti interessanti, ma evidentemente nessuno ci crede fino in fondo, se c’è la fila per rischiare sul debito italiano sulla lunghezza dei 30 anni. E magari, ogni volta che dalla politica italiana escono dichiarazioni utili ad alimentare la scusa del rischio, c’è qualcuno che si frega le mani...
** Il presente articolo è stato redatto da FinanciaLounge