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Di Alessandro Albano
Investing.com - Sono giorni decisivi per Monte dei Paschi (BIT:BMPS), la banca più vecchia al mondo che sta cercando di portare avanti un nuovo aumento di capitale (il sesto in poco più di dieci anni) da 2,5 miliardi di euro.
Da settimane l'Ad Lovaglio sta cercando di coinvolgere banche e, si vocifera anche hedge fund, per raggiungere quei 900 milioni necessari per ottenere l'ok finale di Dg Comp e Bce alla nuova liquidità necessaria per portare avanti il piano strategico al 2026.
Ricordiamo che nel piano sono previsti 4.000 mila uscite volontarie (costo 800 milioni) che potrebbero aiutare a raggiungere l'obiettivo di utile di 1 miliardo al 2024 (che beneficia del reassessment di DTA) e di 833 milioni al 2026, con ritorno al dividendo a partire dal risultato 2025 (pay-out del 30% in 2025- 2026).
In caso contrario, le istituzioni potrebbero infatti considerare l'operazione come un aiuto di stato mascherato visto che l'aucap è stato sottoscritto praticamente solo dal Mef per la propria parte di capitale (1,6 miliardi), e attivare i meccanismi previsti per il salvataggio di un istituto bancario.
Tra questi, il più immediato è il cosiddetto burden sharing, che prevede l'intervento della Commissione Europa nel quale azionisti e obbligazionisti subordinati devono di fatto sopportare parte degli oneri per il risanamento tramite la svalutazione del valore nominale dei loro crediti o la loro conversione in capitale.
Del rischio dell'attivazione di questo meccanismo ne avevamo già parlato in seguito all'assemblea degli azionisti, e la tensione si sta facendo sempre più viva sui mercati obbligazionari, con alcuni bond subordinati che nei giorni scorsi hanno toccato un rendimento del 311% alla call (bond che verrebbero azzerati e trasformati in capitale come nel salvataggio del 2017).
Legi anche: Mps, azionisti approvano aucap da 2,5 mld ma c'è rischio burden sharing
Per evitare questo scenario, stando ad un'indiscrezione di Milano-Finanza, il Tesoro e il management del Monte avrebbero avviato una vera e propria 'chiamata alle armi' con i big italiani come Intesa (BIT:ISP), UniCredit (BIT:CRDI), Mediobanca (BIT:MDBI) e Generali (BIT:GASI) per creare una cordata di sistema e salvare così Rocca Salimbeni.
Tuttavia, secondo il quotidiano, il consorzio avrebbe espresso al Mef i propri dubbi sulla concessione della garanzia sull’intero inoptato dell’aumento (circa 600 milioni) e vorrebbe posticipare i tempi dell'operazione, che ad oggi prevede l’avvio dell’aumento per il 17 ottobre e la chiusura a metà novembre.
Per ora, solo i partner Axa (BIT:AXA) e Anima Holding (BIT:ANIM) avrebbero dato la disponibilità a mettere sul piatto un totale di 350 milioni, mentre, secondo gli analisti di Equita SIM, "sembra raffreddarsi l’ipotesi di intervento di sistema da parte delle principali istituzioni finanziarie italiane, ma un supporto potrebbe essere fornito da parte dei fondi che detengono i titoli subordinati".
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