Di Alessandro Albano
Investing.com - Nelle ultime settimane, i mercati hanno attraversato una serie di terremoti finanziari e geopolitici: in brevissimo tempo è scoppiato il conflitto in Europa, i dati sull’inflazione hanno raggiunto livelli record ovunque, e la Federal Reserve ha iniziato ad adottare una politica monetaria aggressiva con un impatto sulla traiettoria di aumento dei tassi di interesse.
In questo contesto, i mercati azionari ed obbligazionari sembrano aver reagito in maniera divergente. A marzo, lo S&P 500 ha registrato una performance del 7%, evidenziando il ritorno di un certo ottimismo del mercato azionario, mentre il Treasury a 10 anni è aumentato di 72 punti base raggiungendo il 2,50%, con una conseguente inversione della curva dei rendimenti 10y/2y e 5y/30y, segnale - secondo molto analisti - di una recessione imminente.
Come possiamo conciliare queste due traiettorie? In una nota di ricerca, Thibaut Dorlet, senior fund manager di Candriam Capital scrive che il brusco movimento dei Treasury è stato sostenuto "dall’impatto di un’inflazione più persistente e della politica più aggressiva della FED, con le condizioni finanziarie degli Stati Uniti che hanno iniziato a inasprire una posizione finora invece molto accomodante".
"Queste condizioni non sono di solito favorevoli alle azioni", spiega Dorlet, ma qui arriva l’elemento discordante. "Nonostante i tassi nettamente più alti e le maggiori pressioni inflazionistiche integrate dai prezzi degli asset obbligazionari, la propensione al rischio per le azioni statunitensi è aumentata in misura sostanziale".
Nella ricerca viene evidenziato come gli afflussi d'investimento abbiano continuato ad essere orientati verso le azioni USA (+37 miliardi di euro di afflussi positivi), che a marzo hanno messo a segno una performance del +6,9%. Le stime di crescita dell’EPS 2022 sono state inoltre leggermente riviste al rialzo (+0,7%), passando al 9,7% (secondo Datastream) ed evidenziando la visione piuttosto positiva degli analisti.
"Questo divario nelle aspettative tra le asset class si riflette nello spread tra la volatilità delle azioni e quella dei Treasury, che ha raggiunto un massimo pluriennale", afferma l'esperto del gestore globale. "A nostro avviso, questa situazione riflette il focus prevalente dei mercati sulle recenti pressioni inflazionistiche, che hanno portato i Treasury statunitensi a prezzare ulteriori rialzi, mentre le azioni hanno raccolto afflussi positivi poiché forniscono copertura contro l’inflazione".
La capacità della FED di riportare le pressioni inflazionistiche al 2%, assicurando un “soft landing” in questo contesto, sarà fondamentale per i mercati azionari, aggiunge Dorlet precisando che il periodo di riferimento per la FED "è il 1994", quando questi due obiettivi vennero raggiunti. "Tuttavia, con pochissima visibilità sulla crescita globale e sulle pressioni inflazionistiche, il margine di manovra della FED sembra molto ridotto".
Questo spinge Candriam a mantenere "una posizione neutrale sulle azioni globali", e in seguito all'aumento dei rendimenti a 10 anni, "ora vicino al target obiettivo di fine anno (2,50% - 2,75%), abbiamo scelto di aggiungere un po’ di duration, in particolare statunitense, ai nostri portafogli".